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Riscoprire Giacomo Leopardi, non solo come poeta, ma anche come grand gourmet? Ci ha pensato Tommaso Lucchetti con il suo libro: “Il poeta e la sua mensa: memoria e sapori nella vita e nell’opera di Giacomo Leopardi”

Tutti conoscono il poeta Giacomo Leopardi, ma pochi sanno che era molto goloso, se pure poco incline ai piaceri della conversazione a tavola. Sensista e materialista, nonostante l’immagine appiccicatagli nei nostri studi scolastici, raccontata in maniera straordinaria dal film di Mario Martone, “Il giovane favoloso”, in cui Elio Germano interpreta il poeta di Recanati, aveva un gusto particolare per i profumi e i sapori della cucina, specie per i dolci, e seppe cogliere tra i primi alcune tipicità della Marca, facendosene promotore nel mondo “intellettuale italiano”. Ma la cucina, e la sua arte di mescolare registri e contrappunti di sapori, aveva un rapporto ben più profondo con la sua poesia, ed è grazie alla ricerca del professor Tommaso Lucchetti, storico della cultura gastronomica marchigiana, ed al suo ultimo libro, “Il poeta e la sua mensa: memoria e sapori nella vita e nell’opera di Giacomo Leopardi”, che si conferma il grande amore di Giacomo per la gastronomia.
Del resto, il poeta di Recanati, già a 11 anni si lanciava in invettive “Contro la Minestra”, un odio che gli rimarrà fino all’ultimo dei suoi giorni. La svolta nel suo rapporto con il cibo, però, arriva solo a 35 anni, quando l’amico fraterno Antonio Ranieri lo porta a visitare Napoli: qui, grazie alla maestria del cuoco Pasquale Ignarra, Leopardi, come scrive anche la wine & food editor de La Repubblica Licia Granello (granello.blogautore.repubblica.it) “sperimenta, gode dei manicaretti che Ignarra gli prepara in mille modi, dagli ziti spezzati col ragù denso alle linguine allo scammaro (sugo magro di pesce). Si appassiona di gelateria, “... grand’arte onde barone è Vito”, pasticcere a Largo Carità.
E poi il vino, che occhieggia nelle sue righe come arma di seduzione: “Dicono e suggeriscono che volendo ottener dalle donne quei favori che si desiderano, giova prima il ber vino, ad oggetto di rendersi coraggioso, non curante, pensar poco alle conseguenze e se non altro brillare nella compagnia coi vantaggi della disinvoltura”.

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