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STORIA E TENDENZE

Russia loves Italy: se le bollicine più amate sono quelle del Prosecco e Merlot vuol dire Masseto

Dagli anni Novanta, i wine lover russi hanno reso grande il vino italiano, che oggi resta fuori dalle contro sanzioni imposte dal Cremlino alla Ue

Russia loves Italy. Soprattutto a tavola, con la ristorazione italiana che anche qui si rivela, come è stato in Usa qualche decennio fa, la testa d’ariete capace di aprire le porte al vino tricolore, compagno naturale della cucina e dell’agroalimentare tricolore, oggi “cancellato” dalle tavole di Russia dopo le sanzioni decise da Mosca che, però, non hanno nemmeno sfiorato il vino. Che anzi, superati gli scossoni del rublo, il cui valore negli ultimi cinque anni è quasi dimezzato, torna a correre, trainato proprio dai campioni dell’enologia del Belpaese. Una storia d’amore, appunto, nata e sbocciata negli anni Novanta, e da allora mai sopita, tanto che il mercato russo (dove oggi va in scena la seconda tappa di “Solo Italiano” by Iem, a San Pietroburgo) oggi è forse il più maturo e consapevole. Lo dicono le carte dei vini, lo dicono le wine cellar dei grandi ristoranti, e lo racconta, a WineNews, una delle penne e degli influencer più apprezzati del Paese, Gennady Jozefavichus. “In Russia il cibo ed il vino italiano sono di gran lunga i più amati tra quelli stranieri. Non ci sono ristoranti francesi, e tanti che hanno un nome francese hanno vita breve. Al contrario, i ristoranti italiani sono importantissimi, a Mosca come a San Pietroburgo. Così come i vini italiani”, spiega Jozefavichus.
Una popolarità tale che, “probabilmente, per tanti wine lover Merlot vuol dire Masseto, non Chateau Petrus, e per sempre più consumatori Cabernet Sauvignon fa rima con Sassicaia, non con qualche big di Bordeaux. È una sorta di paradosso, ma la popolarità della ristorazione italiana ha reso popolari anche i suoi vini. È iniziato tutto negli anni Novanta, ed oggi è ancora così. Per chi ama il vino, qui, la conoscenza del Barolo o del Brunello è decisamente superiore a quella di Bordeaux e Borgogna. È semplicemente successo, e se oggi chiedete alla gente quale sia il miglior ristorante di Mosca molti vi risponderanno “Il Semifreddo”, un ristorante italiano rilanciato nel 2005 da un grande chef siciliano, Nino Graziano (il primo a conquistare la stella Michelin sull’isola, ndr), due stelle Michelin in Sicilia. Un altro esempio è quello del Prosecco, che ha riscosso un enorme successo e che la gente chiama Champagne: vince il paragone con chiunque, dagli sparkling russi al Cava”.
Tornando agli anni Novanta, “un gentiluomo di Mosca iniziò ad importare Martini, e fece una fortuna: il suo nome è Roustam Tariko, diventato famoso per aver creato, con il brand Standard Russian (Vodka e banche), un vero impero, ma la sua fortuna nasce dal Martini. Prima della crisi del 1998, vendeva ogni giorno camion e camion di Martini in Russia. Poi arrivò l’Asti Spumante, un altro rande successo in Russia: alcuni brand sono stati pensati appositamente per il mercato russo, come Mondoro, che probabilmente neanche conoscete in Italia, ma che sotto Natale si vendeva letteralmente a camionate, centinaia di migliaia di bottiglie. La fortuna del vino italiano nasce anche dal fatto che si tratta di vini accessibili, penso proprio all’Asti Spumante ed al Prosecco, ma anche il lavoro delle ditte importatrici, come Simple, è stato fondamentale per spingere i consumi verso il vino italiano, anche più costoso”.
Ed è proprio al vertice della piramide che il livello e la ricchezza della proposta si fanno più interessanti, perché se ad esempio “paragoniamo la lista dei vini di un ristorante italiano di Mosca, o di San Pietroburgo, con quella di un ristorante italiano di Monaco o di New York - riprende Jozefavichus - credo che sarete sorpresi di scoprire che in Russia c’è una varietà decisamente maggiore sia di brand, come Antinori, Frescobaldi o Gaja, che dagli anni Novanta è uno dei produttori più amati da noi, con il suo Darmagi che è uno dei Cabernet Sauvignon più apprezzati, che di vini di alta qualità, dal Masseto al Sassicaia, con milioni di bottiglie di Super Tuscan vendute ogni anno, ma anche di piccoli produttori. È interessante - conclude Gennady Jozefavichus - anche come negli ultimi 5 anni, dopo che l’Unione Europea ha imposto le sanzioni alla Russia, il vino non sia stato toccato, tanto che c’è un motto che va per la maggiore ormai: grazie a Dio i nostri ragazzi al Cremlino bevono vino. Ed evidentemente, non hanno alcuna intenzione di bere vino russo, vogliono bere del buon vino italiano, o di Borgogna ...”.

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