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Salone Internazionale dell’Alimentazione (Parigi, 16/20 ottobre 2016) - Piacere, curiosità, salute, trasparenza, sostenibilità, voglia di prodotti di territorio e sete di informazioni: ecco i driver dei consumatori globali di oggi e di domani

Il cibo, nella maggior parte del mondo, è soprattutto una gioia, un piacere, ma sempre più anche sinonimo di “salute”, e di tutto quello che, tra paure e voglia di informazioni e trasparenze, ci ruota intorno. E se in alcune aree del mondo l’autoproduzione diventa sempre più significativa, dovunque, e pressoché per tutti, la riduzione dello spreco è decisamente importante. Con internet ed i social sempre più presenti anche nell’approccio al cibo, ma soprattutto per informarsi, con l’e-commerce che, a differenza di altri settori, non decolla. Ecco, in estrema sintesi, i trend che emergono dallo Studio Kantar Tns “Food 360”. pubblicato da Salone Internazionale dell’Alimentazione (sial), di scena, dal 16 al 20 ottobre 2016, a Parigi Nord Villepinte (www.sialparis.com).
Innanzitutto, alimentarsi resta una gioia per una grande maggioranza dei consumatori di tutto il mondo, dato che il palato è al primo posto fra i criteri d’acquisto, in particolare in Europa e negli Stati Uniti: i russi (83%), i francesi e i britannici (77%), ma anche gli spagnoli (76%) e i tedeschi (75%) desiderano concedersi prodotti alimentari che considerano “un lusso”, “puri momenti di piacere”. Fatta eccezione per la Germania, poi, la grande maggioranza dei consumatori è ansiosa di scoprire nuovi prodotti alimentari: i più curiosi sono i mediorientali (71%), seguiti da francesi (64%) e spagnoli (63%), mentre i meno “sperimentali” sono proprio i tedeschi (45%). La maggioranza di essi si mostra poi diffidente verso prodotti non radicati nella cultura cui appartengono: ad esempio, se quasi tutti gli asiatici hanno già consumato alimenti a base di alghe e un cinese su tre ha già assaggiato insetti, i francesi che hanno sperimentato queste pietanze sono nettamente meno numerosi (rispettivamente il 32% e il 14%). Questa ricerca di qualità gustativa e varietà si traduce, secondo il sondaggio, in grandi aspettative per i prodotti del territorio o comunque “autentici”, in particolare nei paesi europei e in Cina.
Oltre al piacere, il cibo oggi è pero anche sinonimo di salute: spaventati da più di uno scandalo e preoccupati per la loro salute, 2 consumatori su 3 sono alla ricerca di semplicità per essere sicuri di non ingerire ingredienti sospetti (oltre il 70% in Francia, Asia e Medio Oriente). Il 63% presta sempre più attenzione all’origine dei prodotti alimentari che consuma - soprattutto in Asia, Russia, Medio Oriente e Francia, con il 70% e oltre - mentre la semplicità è spesso il criterio di scelta che rassicura sulla qualità dei prodotti alimentari. Non sorprende, quindi, che le informazioni riportate sulla confezione siano studiate con attenzione da più di 6 consumatori su 10, e altrettanta attenzione è dedicata anche alla cosiddetta “etichetta trasparente” che indica la provenienza dei prodotti, con circa due terzi dei francesi, tedeschi, spagnoli, russi e asiatici, contro soltanto un po’ meno del 50% dei britannici e americani, che prediligono nettamente i produttori locali. Ne segue che anche l’acquisto diretto nella filiera corta è una pratica non negoziabile in molti paesi: i cinesi sono i più assidui (77%), ma anche russi (47%), mediorientali (41%) e francesi (40%) ne sono molto affezionati, particolarmente se tali prodotti sono non trasformati, o comunque privi di sostanze artificiali. Se infatti i britannici o gli americani si preoccupano meno rispetto agli altri di mangiare alimenti privi di pesticidi (rispettivamente il 59% e il 68%) o di antibiotici (rispettivamente il 53% e il 61%), questa attenzione è molto più marcata in tutti gli altri paesi, e in particolare nel Sud-Est asiatico (93% e 80%). E ancora, anche l’autoproduzione sta diventando sempre più rilevante: nel Sud-Est asiatico, in Medio Oriente e in Russia più della metà dei consumatori mangia alimenti prodotti autonomamente (rispettivamente l’84%, il 55% e il 50%), mentre l’Europa, a livello generale, mostra un leggero ritardo - ma con la Francia che è un modello da questo punto di vista, con quasi un francese su due che coltiva già frutta, verdura ed erbe aromatiche.
Almeno l’85% dei consumatori di tutti i paesi, se non di più, ritiene fondamentale ridurre lo spreco alimentare (con l’eccezione della Russia, dove la percentuale è appena al 66%). Allo stesso modo, l’81% di loro ritiene importante acquistare prodotti alimentari più rispettosi dell’ambiente, particolarmente in Cina e nel Sud-Est asiatico (più del 90%), Francia (86%), Spagna (82%) e Medio Oriente (81%). I numeri lasciano poco spazio all’interpretazione, e sono alla base della crescita del fenomeno della vendita di prodotti “sfusi” o comunque senza imballaggio, a tutto vantaggio dell’impatto ambientale - un fattore che, però, è solamente l’ultima delle priorità (su quindici) in Medio Oriente, e la penultima per francesi, russi, cinesi e britannici, relegando questa branca della sviluppo sostenibile a valore aggiunto e niente più, allo stato attuale delle cose.
Che il consumatore odierno sia sempre connesso al mondo, tramite le tecnologie digitali, è un dato di fatto: non sorprende, quindi, che secondo il sondaggio “Food 360” sia molto incline a interagire online con i marchi nel settore del turismo e dei viaggi (54%) o dell’automotive (45%): eppure, nel mondo del cibo e delle bevande, la percentuale si attesta soltanto al 26%, mentre la ricerca di ricette in Rete è la pratica più diffusa tra i consumatori, con quasi 8 consumatori su 10 abituati a questa pratica. Ma mentre in Medio Oriente (62%) e in Asia (60%) questi “consumatori 2.0” condividono spesso opinioni su marchi e prodotti alimentari in rete, soltanto il 34% degli spagnoli e circa il 20% di francesi, inglesi, tedeschi e americani lo fa con la medesima frequenza. Un panorama che purtroppo è lo stesso se si guarda all’uso di siti di e-commerce nel settore alimentare, quasi onnipresente in Cina (86%) e nel Sud-Est asiatico (76%) e molto meno comune in paesi come Germania (30%) e Francia (44%).
Per quanto riguarda invece i trend già delineati nell’edizione 2012, sono stati sostanzialmente confermati dal passare del tempo: una maggiore incertezza a livello economico si è tradotta in una minore propensione a pagare di più, in alcuni contesti, per i prodotti alimentari di maggiore qualità (dal 66% del 2012 al 62% del 2016, e questo per tutti i paesi presi in esame). Sostanzialmente stabile, se non per una piccola flessione, la fiducia nella qualità dei prodotti (dall’85 all’83%), ma cresce la percentuale del campione che non ne ha affatto (dal 12 al 17%) - fatta eccezione per Russia e Cina, in qui la prima delle due percentuali è precipitata, rispettivamente, di 9 e 6 punti percentuali. Di converso, la percentuale dei consumatori che ha completa fiducia nella qualità di ciò che mangia è cresciuta del 13% in Spagna, del 10% in Medio Oriente, del 6% in UK e del 3% in Germania. E ancora, cresce la percezione del legame tra alimentazione e salute: in tutti i paesi in generale, il 66% dei consumatori pensa che alcuni alimenti siano nocivi per la salute (rispetto al 53% nel 2012), mentre il 22% ne è fermamente convinto (rispetto al 12% nel 2012) - e il trend è in netta crescita. Parallelamente a questa tendenza, cresce, non sorprendentemente, l’interesse per i prodotti ottenuti con agricoltura biologica, dato che il 53% dei consumatori ne fa il maggior uso possibile (+5% sul 2012). Allo stesso modo, sono cresciuti l’interesse rivolto ai prodotti che riportano sulle confezioni diciture come “senza antibiotici” e “senza olio di palma” (rispettivamente dal 71 al 73% e dal 50 al 56%), e anche l’attenzione dei consumatori per lo sviluppo sostenibile, con una percentuale sempre maggiore di essi che privilegiano i prodotti alimentari senza troppi imballaggi o con imballaggi riciclabili (dal 50 al 54%, e in tutti i paesi presi in esame).
Passando dal breve al medio periodo, Sial ha, tramite Xial World Innovation, delineato anche le tendenze che guideranno l’innovazione alimentare nei prossimi dieci anni: si comincia con l’affermarsi dell’economia “no waste” (minimizzare lo spreco per massimizzare la possibilità di dare a tutti gli abitanti del pianeta cibo in quantità sufficiente), verso la quale l’offerta non potrà non muoversi, per poi passare all’invasione verde degli spazi urbani, con “agri in the city”, tra orti urbani, mercati di quartiere e quel 70% dell’umanità che entro il 2050 vivrà in insediamenti urbani. Si prosegue poi con l’emergere del “super consumatore”, ovvero quel soggetto cui la tecnologia e i media garantiscono la possibilità di sapere tutto, dovunque e a ogni ora del giorno per quanto riguarda i propri consumi, per finire con l’irrompere della robotica nella produzione alimentare, a tutti i livelli e in massa - che forzerà si la mano all’evoluzione aziendale, ma che, di converso, creerà nuove opportunità e nuove professioni, oltre che consentire sempre più scelta e varietà ai consumatori.

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