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Scoperto dalla Guardia di Finanza di Licata un giro di 64.000 kg di frutta e verdura tunisina spacciate per italiane. La Coldiretti: “bene bltz, nel 2015 il valore degli arrivi di prodotti ortofrutticoli dalla Tunisia è aumentato del 17% sul 2014”

Nel 2015 il valore degli arrivi di prodotti ortofrutticoli dalla Tunisia è aumentato del 17% in valore sul 2014, ed “è, dunque, positivo il blitz messo a segno dalle fiamme gialle che hanno scoperto un giro di 64.000 chili di frutta e verdura tunisina spacciate per italiane”. Lo afferma la Coldiretti nel commentare l’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Licata che ha smascherato un meccanismo fraudolento che vedeva l’acquisto di prodotti ortofrutticoli dal Paese africano che venivano venduti come coltivati in Italia, con il sequestro di beni per 100.000 euro, la denuncia del commerciante e il recupero a tassazione di un imponibile di circa 4 milioni di euro ed un’imposta complessivamente evasa pari a 1 milione di euro.
“Un fenomeno indubbiamente spinto - denuncia Coldiretti - dagli accordi che favoriscono le importazioni dai Paesi africani a danno dei produttori agricoli italiani ma senza peraltro portare benefici a quelli locali. È il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli, zucchine, aglio, olio di oliva, all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi, oltre all’olio di oliva dalla Tunisia. Accordi - sottolinea la Coldiretti - fortemente contestati dai produttori agricoli perché nei Paesi di origine è spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera. Il risultato è un flusso di prodotti ortofrutticoli delle più svariate provenienze che, però, molto spesso perdono la loro identità, la loro origine. Prodotti che si potrebbero definire “clandestini” non perché siano importati illegalmente, ma perché troppo spesso non viene esplicitata al dettaglio la loro provenienza che diventa, ovviamente, tutta italiana. L’esposizione di queste informazioni - ricorda la Coldiretti - dovrebbe essere la normalità, se è vero che esiste una norma comunitaria che prevede l’obbligo di evidenziare i dati relativi all’origine, alla categoria, alla varietà per 10 prodotti ortofrutticoli (agrumi, mele, pere, pesche e nettarine, actinidia, fragole, pomodori, lattughe, indivia riccia e scarola, peperoni dolci, uva da tavola) e l’origine per tutti gli altri. Purtroppo la situazione di mercato è andata via via peggiorando e aumenta sempre di più il rischio che prodotti di importazione vengano spacciati per nazionali. I prodotti - conclude la Coldiretti - possono non essere confezionati o presentati nell’imballaggio, dove ci deve essere l’etichetta, e quindi essere esposti e venduti allo stato sfuso, purché il rivenditore al minuto apponga sulla merce messa in vendita un cartello sul quale figurino in caratteri molto chiari e leggibili le indicazioni previste dalle norme relative alla varietà, all’origine del prodotto ed alla categoria”.

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