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SE IN ITALIA SI PENSA AD UN MARCHIO UNICO CHE RAPPRESENTI IL MADE IN ITALY NEL MONDO, L’UE PRENDE DI PETTO LA TUTELA DELLE PROPRIE PRODUZIONI SUL MERCATO USA. A PARTIRE DAI FORMAGGI, CHE, OLTREOCEANO, NON POTRANNO CHIAMARSI PIÙ COME GLI ORIGINALI

Non Solo Vino
Una stagionatura di formaggi italiani

Mentre in Italia si pensa ad un marchio unico (una mela tricolore, come proposto dal patron di Eataly Oscar Farinetti, per esempio) capace di raccogliere, sotto un unico cappello, l’intero universo della variegata produzione agroalimentare del Belpaese, e renderla riconoscibile, così, in tutto il mondo, l’Unione Europea ha deciso di seguire una strada diversa, e di prendere “di petto” il problema della tutela, specie negli Stati Uniti, delle grandi denominazioni del Vecchio Continente, a partire dai formaggi più conosciuti. L’idea, in soldoni, è quella di arrivare allo stesso tipo di accordo raggiunto in Canada e nei Paesi dell’America Centrale, dove, per distinguere, ad esempio, Parmigiano, Gorgonzola e Feta prodotti nei rispettivi luoghi d’origine, dalle “copie”, è bastato introdurre il prefisso “simil” (simil-Parmigiano, simil-Feta, e così via). La cosa, ovviamente, non piace neanche un po’ ai produttori d’Oltreoceano, che da decenni vendono formaggi made in Usa con lo stesso nome degli originali, convinti che, ormai, formaggi tanto popolari, come Asiago e Grana, siano patrimonio dell’umanità più che di singoli territori. Siamo ancora alle battute iniziali, ma la battaglia dei nomi non si fermerà al formaggio, ed è anzi destinata ad allargarsi a prosciutto, arance valenzane, salame, yogurt greco. Ed è una battaglia difficile perché, come ha ricordato il Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo, Paolo de Castro, non si tratta di contraffazione, ma di “Italian Sounding”, fenomeno sicuramente dannoso per i produttori italiani (e degli altri Paesi europei, caso per caso), ma formalmente legale, che nasce dal mancato riconoscimento di certe denominazioni europee all’estero, sul quale è difficile intervenire se non in maniera diplomatica.
Secondo i numeri della Coldiretti, negli Stati Uniti sono stati prodotti, nel 2013, oltre 200 miliardi di chili di formaggi di tipo “italiano” dal Parmesan all’Asiago, dal Provolone alla Mozzarella, fino al Gorgonzola che nulla hanno a che fare con il tessuto produttivo Made in Italy. Il mercato dei formaggi italiani “taroccati” ottenuti soprattutto in Wisconsin, California e nello Stato di New York vale, stando alle stime Coldiretti, 5 miliardi di euro e rappresenta oltre l’80% delle vendite di formaggi “italiani”: in altre parole, in 8 casi su 10, i consumatori statunitensi acquistano prodotti “italiani” fatti però interamente in Usa. Si tratta di un grave inganno perché, sottolinea la Coldiretti, i prodotti originali made in Italy sono profondamente diversi dalle imitazioni che non devono rispettare i rigidi disciplinari di produzione dell’Unione Europea che determinano l’area di allevamento delle mucche, di trasformazione del latte, di stagionatura dei formaggi, ma anche l’alimentazione del bestiame e tutti gli aspetti rilevanti per garantire uno standard qualitativo unico che viene sottoposto a rigidi controlli.
“La presunzione di continuare a chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile - spiega il presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo - e l’Unione Europea ha il dovere di difendere prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove. È come se si pretendesse di chiamare Coca Cola qualsiasi bevanda di colore scuro con le bollicine con l’aggravante che in questo caso non si difendono i diritti di una impresa ma quelli della storia di una intera comunità”.
“Non avrei idea di come chiamare il mio parmigiano se fossi costretto a trovare un nuovo nome” commenta dall’altra parte del mondo Errico Auricchio, presidente del gruppo con sede in Wisconsin BelGioioso Cheese Inc., e che 30 anni fa decise di iniziare a commercializzare il suo formaggio negli Stati Uniti. In realtà la questione è molto più complicata, e va ben oltre il semplice utilizzo di un nome. In ballo c’è un giro d’affari da 4 miliardi di dollari e l’intenzione dell’Unione Europea, secondo i produttori Usa, andrebbe ad affossare la produzione interna di formaggio, oltre a confondere i consumatori. “È sorprendente - dice Jim Mulhern, presidente della federazione dei produttori nazionali di latte - che gli Europei stiano cercando di riprendersi prodotti diventati popolari negli altri Paesi”.

Focus - “Fromages d’Italie”: la sfida del formaggio italiano alla Francia
I Consorzi di tutela Formaggio Asiago, Gorgonzola, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano e Pecorino Sardo, insieme nel progetto di promozione e comunicazione Fromages d’Italie, partecipano ad Omnivore (www.omnivore.com), il più importante festival francese di alta cucina contemporanea in programma dal 16 al 18 marzo 2014 a Parigi.
Novità 2014, oltre ad un programma di incontri e degustazioni sempre più ricco, è la partecipazione del Pecorino Sardo che, a partire da questo festival, si unisce agli altri quattro consorzi. La nuova formazione fa così “squadra” per promuovere il progetto Fromages d’Italie attraverso un programma comune di promozione, formazione e comunicazione che si propone di incrementare la visibilità dei principali formaggi italiani oltralpe ponendo le basi per una ricca rete di contatti professionali con l’alta ristorazione.
Omnivore é considerato il festival della “jeune cuisine” non perché dedicato alle giovani promesse dell’alta cucina, ma perché afferma che la cucina è entrata in una nuova era, generazionale, sensoriale e sociale. Una filosofia che Fromages d’Italie, unica presenza italiana del festival, condivide in pieno costruendo intorno a sé una serie di appuntamenti con cuochi, sommelier ed esperti, italiani e francesi insieme, che interpretano i 5 formaggi Dop per presentarli in maniera personale ed innovativa al pubblico della kermesse parigina. Rappresentanti del movimento neobistrot (come RetròBottega e Il Goto), le drogherie di qualità e tendenza (come Rap e Le Verre Volè), gli abbinamenti straordinari di Idea Vino e 32 Via dei Birrai, fino alla “stellata” testimonianza dello chef Pino Cuttaia de La Madia, sono i testimonial scelti quest’anno da Fromages d’Italie per Omnivore a conferma della grande capacità dei nostri formaggi Dop di creare scambi culturali di grande valore.

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