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“SE NECESSARIO BISOGNA PORRE IL VETO SUL NUOVO BILANCIO DELL’UE PER RISCATTARE GLI ERRORI DEL PASSATO COME QUELLO DELLE QUOTE LATTE PROVOCATO DA UN APPROCCIO APPROSSIMATIVO E DALLA DEBOLEZZA NEGOZIALE DELL’ITALIA. COSÌ IL PRESIDENTE COLDIRETTI MARINI

“Se necessario bisogna porre il veto sul nuovo bilancio dell’Unione Europea per riscattare i troppi errori del passato come quello delle quote latte provocato da un approccio approssimativo e dalla debolezza negoziale dell’Italia in Europa, di cui paghiamo ancora le conseguenze ad oltre 30 anni di distanza”. A dirlo è il presidente della Coldiretti Sergio Marini all’incontro con il vicesegretario del Partito Democratico Enrico Letta al quale sono state presentate le proposte del documento “L’Italia che vogliamo” (www.coldiretti.it) elaborato dall’organizzazione agricola italiana.

“L’Italia deve porre il veto sulla proposta in discussione se questa non rispondesse positivamente alle istanze dei nostri cittadini e fosse gravosa per le imprese e il Paese - ha affermato Marini - secondo una analisi della Coldiretti l’Italia paga al bilancio UE, in totale, 14,8 miliardi di euro ovvero il 13,5 % del totale e riceve 10,3 miliardi di euro ed è quindi contribuente netta per 4,5 miliardi di euro”. La Coldiretti si legge nel documento chiede dunque un “riequilibrio nella ripartizione del bilancio Ue considerando che al momento attuale l’Italia è il primo contribuente netto (in % del Pil) alle politiche comunitarie e l’adozione di una Politica Agricola Comune che premi chi lavora e vive di agricoltura, chi produce in modo sostenibile, chi produce cibo”.

“Occorre essere in grado di portare pienamente l’Italia in Europa - continua la Coldiretti -, facendo sì che la nuova Politica Agricola Comunitaria riconosca il valore strategico del “modello italiano” e le sue straordinarie peculiarità, consentendo che esso diventi patrimonio della comunità contaminando virtuosamente il pensiero comunitario. Cruciale in questo senso diviene il ruolo dei decisori italiani, che devono superare le timidezze e le subalternità del passato, che hanno favorito le lobby di interesse e le politiche omologative dei Paesi del Nord Europa, o peggio ancora, intervenendo con ritardo e approssimazione sui “dossier”, hanno penalizzato fortemente gli interessi del Paese, svendendo poi la “verità” sotto il ricatto, usato spesso come alibi, dell’infrazione comunitaria (zone vulnerabili nitrati, etichettatura, ecc.). Per non parlare della questione quote latte che - ricorda Coldiretti - è iniziata 30 anni or sono nel 1983 con l’assegnazione ad ogni Stato membro dell’Unione di una quota nazionale che poi doveva essere divisa tra i propri produttori. All’Italia fu assegnata una quota molto inferiore al consumo interno di latte. Il 1992, con la legge 468, poi il 2003, con la legge 119, e infine il 2009, con la legge 33, sono state le tappe principali del difficile iter legislativo per l’applicazione delle quote latte. Per ultimo con la legge di stabilità è stata introdotta una efficace norma per la riscossione coattiva, che prevede di affiancare all’Agea (Agenzia per l’erogazioni in agricoltura) l’esperienza e la capacità operativa di Equitalia e della Guardia di Finanza. Dei quasi 4.000 milioni dovuti complessivamente per la multa, 1.700 milioni sono stati versati dallo Stato per sanare il periodo 1984-1996. Il prelievo complessivamente richiesto ai produttori per il periodo successivo ammonta a 2.264 milioni di euro, di cui ne sono stati riscossi solo 246 e altri 346 milioni sono in rateizzazione con la legge n. 119/2003. 175 milioni sono ormai irrecuperabili per fallimento, per incapacità definitiva di versare, per sentenza di annullamento. Restano quindi da riscuotere circa 1.500 milioni, di cui 700 non sono al momento esigibili a causa di sospensive giurisdizionali mentre 800 sono esigibili. L’Agea ha intimato il pagamento del prelievo esigibile ai circa 2.000 produttori coinvolti. 600 di loro devono pagare somme superiori a 300.000 euro, cioè la gran parte del debito. La stragrande maggioranza dei circa 40.000 allevatori presenti in Italia, nel corso degli ultimi anni - conclude la Coldiretti - si è invece messa in regola acquistando o affittando quote”.

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