02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

Secondo Coldiretti la spremuta italiana rischia di sparire, con 1 pianta di arance su 3 tagliata negli ultimi 15 anni, in cui si sono persi 60.000 ettari di agrumi e ne sono rimasti 124.000. Focus: “mafia, da cibo a ristoranti, allarme nel piatto”

Rischia di sparire la spremuta italiana con una pianta di arance su tre (31%) che è stata tagliata negli ultimi quindici anni, ma si sono anche verificati il dimezzamento dei limoni (-50%) e una riduzione del 18% delle piante di clementine e mandarini. L’allarme è stato lanciato dalla Coldiretti a Catania nell’ambito della mobilitazione nazionale di migliaia di agricoltori per difendere l’agricoltura made in Italy che rischia di perdere i prodotti simbolo. Negli ultimi 15 anni, sottolinea la Coldiretti, sono andati persi 60.000 ettari di agrumi e ne sono rimasti 124.000, dei quali 30.000 in Calabria e 71.000 in Sicilia. Sotto accusa, sottolinea la Coldiretti, i prezzi pagati agli agricoltori che non riescono neanche a coprire i costi di raccolta a causa della concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero, in una situazione di dumping economico, sociale ed ambientale.
Il disboscamento delle campagne italiane è il risultato, spiega la Coldiretti, di una vera invasione di frutta straniera con le importazioni di agrumi freschi e secchi che negli ultimi 15 anni sono praticamente raddoppiate per raggiungere nel 2015 il massimo storico di 480 milioni di chili. Ma vanno anche considerate le importazioni di succo dall’estero che arrivano spesso in Italia da Paesi extracomunitari attraverso triangolazioni. Il risultato è un calo dei consumi che sono scesi per le arance sotto i 15 chili a persona all’anno, per effetto di una diminuzione che negli ultimi 15 anni varia da oltre il 20% per le arance ad oltre il 50% per i mandarini, mentre le clementine sono l’unica tipologia di agrumi in leggera crescita.
“Un trend drammatico che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole, ma anche dal punto di vista ambientale e per la salute dei consumatori”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “occorre intervenire con misure di trasparenza per promuovere i consumi sul mercato interno e favorire le esportazioni. Rendere obbligatoria l’indicazione di provenienza in etichetta della frutta utilizzata nelle bevande e fermare la vendita in Italia delle aranciate senza arance sono le richieste che vengono dalla mobilitazione degli agricoltori della Coldiretti”, ha affermato Moncalvo che ha denunciato il fatto che “a distanza di un anno e mezzo dall’approvazione da parte del Parlamento italiano della legge che aumenta la quantità’ minima di succo nelle bibite a base d’arancia dal 12 al 20% non è stato ancora emanato il decreto applicativo. Scelte che peraltro - precisa Moncalvo - sono state fatte volontariamente da alcune imprese del settore che utilizzano solo arance 100% italiane o hanno innalzato il contenuto di succo al 20%. Da parte nostra siamo impegnati in uno storico rapporto di collaborazione con l’Airc (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) con le “Arance della Salute” per consentire la vendita e la distribuzione delle Arance della Calabria raccolte attraverso le strutture di commercializzazione Fai (Firmato Agricoltori Italiani) che rendono possibile un ritorno economico sostenibile per le imprese e una giusta remunerazione dei lavoratori”, ha rilevato Moncalvo nell’annunciare anche che “sta per partire per Dubai il primo carico di arance calabresi, la capitale di uno dei sette Emirati nel 2020 sarà la sede di Expo”.
“Ma serve - conclude Moncalvo - anche rimuovere gli ostacoli strutturali che determinano uno svantaggio competitivo per le nostre imprese, con regole armonizzate sulle importazioni dall’estero dove spesso vengono utilizzati prodotti chimici vietati in Italia, controlli qualitativi piu’ stringenti anche sulla reale provenienza della frutta in vendita, senza dimenticare i costi aggiuntivi dovuti dall’arretratezza del sistema di trasporti”.

Focus - Coldiretti: mafia, da cibo a ristoranti, allarme nel piatto
Dal caffe’ “Mafiozzo” stile italiano bulgaro agli snack “Chilli Mafia” della Gran Bretagna, dal vino della Napa Valley “Il Padrino” al sugo piccante rosso sangue “Wicked Cosa Nostra” del Missouri, fino alle spezie “Palermo Mafia shooting” della Germania, ma a Bruxelles nella capitale d’Europa si intingono addirittura le patatine nella “SauceMaffia” e si condisce la pasta con la “SauceMaffioso”, mentre in tutto il mondo spopolano i ristoranti e le pizzerie “Cosa Nostra” e “Mafia” e su internet è possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook”, comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com) con sottofondo musicale a tema. Lo ha denunciato la Coldiretti a Catania nella mobilitazione nazionale di migliaia di agricoltori a difesa del made in Italy dove sono stati mostrati gli esempi più scandalosi di prodotti agroalimentari, venduti in Italia, in Europa e nel mondo, con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose, che vengono sfruttate per fare business a danno dei veri prodotti agroalimentari made in Italy.
La confezione di “Chilli Mafia” contiene noccioline aromatizzate al peperoncino e la scritta in etichetta avverte che occorre stare attenti e utilizzare “with caution” il prodotto che risulta essere estremamente piccante. Vengono dalla capitale europea di Bruxelles, in Belgio, le salse che servono per insaporire le patatine con la “Sauce Maffia” della Good ‘n Food di Malines contenente una salsa a base di olio di colza, rosso d’uovo, aceto, senape, polvere di cipolla, zucchero e spezie varie mentre la “Sauce Maffioso”, realizzata a Diest, nelle Fiandre, e commercializzata con il marchio The Smiling Cook, è invece a base di spinaci, cipolla, aglio, formaggio emmenthal, pepe rosso e aromi vari. Ma ci sono in vendita anche, continua la Coldiretti, le spezie “Palermo Mafia shooting” in Germania o la salsa piccante “Wicked Cosa Nostra” in Missouri.
L’oltraggio all’Italia, afferma la Coldiretti, non si ferma al pasto, con il commercio dalla Psc Start S.A. di Blagoevgrad (Bulgaria) del “Caffè Mafiozzo” confezionato in grani in cui l’unica scritta nella nostra lingua che campeggia sulla busta in plastica è: “Lo stile italiano” che purtroppo fa esplicito riferimento alla criminalità organizzata come si evidenzia nelle immagini. Ma c’è anche chi - continua la Coldiretti - sfruttando la fama della saga cinematografica “Il Padrino”, nel paese siciliano che ha tristemente legato il suo nome alla mafia, ha messo in vendita un vino. Il marchio “Mafia” viene peraltro usato “a raffica” nella ristorazione internazionale per fare affari come nel caso, riferisce la Coldiretti, della catena di ristoranti “La Mafia” diffusa in Spagna che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari (da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone), mentre praticamente ovunque, dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia si trovano ristoranti e pizzerie “Cosa Nostra” mentre a Phuket in Tailandia c’è addirittura un servizio take away.
“L’attacco al made in Italy viene anche dalla contraffazione e dalla falsificazione dei prodotti alimentari che solo nell’agroalimentare ha ormai superato i 60 miliardi di euro, quasi il doppio delle esportazioni, e che costa all’Italia trecentomila posti di lavoro”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “ad essere colpiti pesantemente sono anche i prodotti della dieta mediterranea”. Si tratta di danni economici e di immagine soprattutto nei mercati emergenti dove, rileva la Coldiretti, spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. Dal falso vino Marsala della California a quello della Germania, ma non sfugge alla contraffazione neanche il pomodoro con la salsa siciliana realizzata in Svizzera o con una improbabile caponata prodotta negli Stati Uniti. Oggetto di italian sounding è anche la pasta con i “chapagetti” prodotti in Corea o l’”Italiano pasta” proveniente dall’Egitto o i “bucatini” diffusi dall’Argentina. Ed anche il limone, vanto dell’agrumicoltura della Trinacria, viene arditamente contraffatto in un Sicilia “succo di limetta” commercializzato in Svizzera. Ma ci sono anche, conclude la Coldiretti, il “pecorino crotonese” del Canada, la “mortadela siciliana” fatta in Spagna e la “salame calabrese” made in Usa.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli