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SEGNO NEGATIVO PER BAR E RISTORANTI ITALIANI. A REGISTRARE LA DIFFICILE SITUAZIONE DEL COMPARTO I DATI DI INFOCAMERE E CENTRO STUDI FIPE

Per la prima volta i pubblici esercizi che hanno abbassato le saracinesche sono stati più numerosi di quelli che hanno tentato di avviare una nuova attività. La recessione è già arrivata anche nel settore dei consumi fuori casa, mietendo centinaia di vittime fra i gestori dei locali pubblici. Fra bar e ristoranti, ben 3439 soggetti hanno rinunciato all’impresa contro 3089 che, invece, si sono immessi sul mercato, creando un saldo negativo pari a 350 unità. Emerge dai dati Infocamere elaborati dal Centro Studi Fipe nel terzo trimestre 2008.

Entrando nel dettaglio dei numeri si registra una sofferenza maggiore fra i bar, soprattutto quelli localizzati nelle regioni centrali e in qualcuna del Nord. A tirare la classifica negativa è la Toscana, con un 131 chiusure, che hanno portato il saldo a -45 unità, seguita di misura da Campania e dall’Emilia Romagna.

Nel settore della ristorazione, invece, è il Nord ad avere la peggio: la crisi più forte si registra in Lombardia, con un saldo negativo di 30 unità (174 chiusure contro 144 aperture) a cui si allinea il Veneto con 100 chiusure a fronte di 71 nuovi avviamenti. Il Sud, in questo caso, è in contro tendenza. La Calabria conquista il primato (del terzo trimestre) del saldo positivo fra iscrizioni e cessazioni più alto sia nel canale bar (36), sia nel canale ristoranti (23).

“Se i dati a fine anno confermassero questa tendenza - ha spiegato Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe - significherebbe che siamo in piena crisi strutturale. Da tempo denunciavamo la sofferenza del settore con i cali di fatturato, di produttività e di redditività. È il segnale di una crisi più profonda di quanto si possa immaginare, peggiore anche a quella del 1993. In quell’anno, la crisi era di tipo congiunturale, poiché il settore era comunque all’interno di una tendenza ai consumi fuori casa in aumento. Spesso bar e ristoranti hanno passato periodi molto difficili, ma il saldo (cioè la differenza fra le aperture e le chiusure) era sempre stato positivo. Crisi dei consumi, liberalizzazione senza criteri e recessione hanno portato a questo stato di fatto. Per risalire la china è necessario uno sforzo comune. La politica deve garantire una eguaglianza di regole su chi opera nello stesso mercato e soprattutto ci aspettiamo una responsabile revisione degli studi di settore, in considerazione degli effetti congiunturali dei redditi imponibili delle nostre imprese”.

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