Lo scriveva tempo fa il prestigioso settimanale tedesco Der Spiegel: “il cibo italiano senza un giusto condimento d’olio perderebbe metà del suo fascino. Sarebbe come andare in Egitto senza poter ammirare la bellezza delle Piramidi”. E anche nel 2016 questo straordinario ingrediente, soprannominato “oro verde”, non mancherà sulle tavole degli italiani. Lo confermano i risultati di due ricerche sui consumi agroalimentari e sugli stili di vita degli italiani, realizzati dagli istituti di ricerca Nielsen e GFK Eurisko, su commissione di Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia (www.assitol.it), di scena oggi a Roma, nella tavola rotonda “Olio d’oliva tra consumi e salute”, alla presenza, tra gli altri, del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e del Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina.
L’olio di oliva è considerato uno degli ingredienti principali della dieta mediterranea, apprezzato per i numerosi effetti benefici sulla salute che lo rendono inimitabile e insostituibile. Tuttavia, la crisi economica e le mode salutiste hanno modificato le abitudini alimentari degli italiani, che ne hanno ridotto il consumo passando così dal “cucchiaio al cucchiaino”. Ma per quanto l’impiego di olio si sia ridimensionato, rivela Nielsen, gli italiani continuano a utilizzarlo quotidianamente in moltissimi piatti.
Nel mercato di largo consumo, l’olio d’oliva ha conquistato stabilmente il quinto posto per giro d’affari all’interno del food confezionato. Nel 2016 il fatturato sviluppato dai prodotti che hanno l’olio come ingrediente è aumentato dello 0,4%, vale a dire circa 8,9 miliardi euro, mentre quelli che impiegano extravergine sono cresciuti dell’8,6% (238 milioni di euro). Nonostante la crisi degli ultimi cinque anni, Nielsen ha calcolato una timida ripresa dei consumi alimentari per il 2016 pari a +0,6%. Per il 2017 invece Nielsen indica una crescita del settore pari all’1%.
Dicembre, considerato da sempre un mese importante per l’olio d’oliva, rappresenta il 10% dei volumi totali acquistati durante l’anno, con punte che sfiorano l’11,7% prevalentemente nel Centro-Italia. Si prevede una conferma del trend delle vendite mensili di olio di oliva in linea con la media storica.
L’educazione ad una corretta alimentazione ha iniziato a fare breccia nel cuore degli italiani, che puntano alla ricerca di prodotti di qualità e di valore e soprattutto, come evidenziato dalla ricerca Nielsen, nel 34% dei casi, rispecchino uno stile di vita sano.
A dimostrazione che le abitudini alimentari sono cambiate, il 29% degli intervistati da Nielsen opta per un tipo di alimentazione “che faciliti la vita” e che sia allo stesso tempo semplice da preparare (15%). L’equazione “mangiare bene-stare bene” è andata aumentando progressivamente e così il 28% degli italiani propende per un’alimentazione sostenibile, fonte di benessere per gli esseri umani e allo stesso tempo sostenibile per il pianeta. Il 23% degli italiani spera di trovare sugli scaffali del supermercato alimenti realizzati con ingredienti naturali cioè meno elaborati e più integri, come ad esempio i cereali, le verdure e la frutta fresca di stagione, i legumi.
Insomma, i consumatori italiani sono diventati più responsabili nella scelta degli alimenti che comprano. Ben il 72% degli intervistati legge attentamente l’etichetta per saperne la preparazione, la composizione e la conservazione; il 71%, rileva Nielsen, apprezza quelle aziende che comunicano ai propri clienti le origini, allevamento, coltivazione e modalità dei prodotti mentre gli acquisti alimentari per il 67% del campione dipendono dagli ingredienti che vengono utilizzati. Inoltre, sempre più italiani sono consapevoli della relazione tra quello che mangiano e alcune malattie (diabete, colesterolo, obesità) ed è proprio per questo che il 63% sceglie di seguire un tipo di alimentazione che aiuti a prevenire determinate patologie. Tra le conseguenze della crisi economica c’è anche la riduzione della spesa degli italiani per prodotti alimentari ma il 53% si dichiara disponibile a spendere un po’ di più assicurandosi un alimento sano e privo di ingredienti indesiderati.
E l’Italia sta diventando un paese sempre più salutista, stando anche ai dati della ricerca Gfk Eurisko. L’italiano, sta diventando sempre più un vero specialista, in parte anche favorito dall’amore che questo popolo ha da sempre per la buona tavola. Dalla fotografia Gfk, emerge un concetto di sana e corretta alimentazione diverso da paese e paese, tuttavia, soltanto in Italia (76%) vi è una così alta attenzione verso ciò che si mangia e come lo si prepara. Infatti l’interesse per la cura e preparazione di pasti salutari è calata drasticamente: se per gli italiani il mangiar bene e quindi essere in salute è interpretato come un dovere, la preoccupazione per un’alimentazione sana in Europa è sempre più in calo: in Spagna e Francia è sentita solo nel 22% dei casi, in Germania addirittura si arriva al 16%.
In Italia, al contrario, nell’ultimo ventennio (1995-2015), si è assistito a una rivoluzione del concetto di cibo, che si sintetizza nella definizione “buono da pensare” e di conseguenza “buono da mangiare”: oltre a essere buono e salutare, deve rispondere anche ad altri requisiti come leggerezza, gusto e convivialità.
“Dobbiamo ridare una nuova centralità agli oli da olive, che è un alimento prezioso - afferma Giovanni Zucchi, presidente di Assitol - innanzitutto valorizzando la capacità di creare sapore, i mille pregi per la salute, ma soprattutto facendo conoscere al pubblico tutte le possibilità di utilizzo dei nostri oli in cucina. In questo senso, Assitol intende promuovere sempre più la cultura dell’extravergine, innanzitutto attraverso l’assaggio. Il modo migliore per capire davvero l’olio è assaggiare prodotti diversi”.
L’industria olearia italiana, che rappresenta uno dei più importanti comparti del settore agroalimentare, conta su oltre 10.000 dipendenti diretti e dell’indotto ed un fatturato di 2,5 miliardi di euro. L’olio dei grandi marchi italiani è un prodotto riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, grazie alla capacità di fare “blend”, vale a dire di selezionare ed accostare oli diversi per creare un prodotto unico, che sia apprezzato dai consumatori.
Il blending è anche una necessità. La produzione olivicola italiana, che in annate normali si attesta sulle 350.000 tonnellate è del tutto insufficiente rispetto al fabbisogno nazionale e a quello estero, che ammontano complessivamente ad un milione di tonnellate. Le aziende del settore sono dunque obbligate a ricorrere alle importazioni per oltre i due terzi della loro attività.
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