“Nella vita di un movimento il Congresso è sempre un passaggio politico significativo. Si tratta del momento in cui tracciare le prospettive di azione e di pensiero per gli anni a seguire, di valutare il percorso fatto e di ripensare priorità, strategie, strumenti e metodi. E questo nostro prossimo Congresso che ci apprestiamo a vivere dal 16 luglio, sarà una tappa storica per diversi ordini di motivi”. Così il fondatore Slow Food, Carlo Petrini, in una lettera (qui in versione integrale), lancia la volata verso il Congresso n. 8 di Slow Food, una delle realtà che più ha cambiato la cultura del cibo negli ultimi decenni, che sarà di scena tra Bra e Pollenzo, il 16 e 17 luglio (anche in streaming sul sito di Slow Food).
“Un appuntamento importante che prevede significativi cambiamenti nella struttura del movimento e nelle figure che lo guideranno nei prossimi anni. Inoltre, saranno delineate le future linee guida che caratterizzeranno l’attività di Slow Food e saranno votate le mozioni sulle quali si impegna l’organizzazione”, spiega Petrini. Che se da un lato sottolinea come al centro del futuro di Slow Food ci saranno sempre le reti e le comunità del cibo di tutto il mondo (al congresso saranno presenti circa 50 delegati in rappresentanza dei 160 Paesi in cui è presente Slow Food, dal Kazakistan alla Repubblica Democratica del Congo, dal Giappone al Cile, dagli Stati Uniti al Burkina Faso con le loro istanze e le loro proposte), dall’altro rimarca come il congresso di Bra concluderà una tappa fondamentale del percorso di rinnovamento di Slow Food fortemente voluto dallo Carlo Petrini e iniziato con il congresso di Chengdu (Cina) del 2017.
Congresso che, oltre ad eleggere un nuovo Cda e un nuovo presidente, “porterà a compimento gli stimoli e le indicazioni che sono nate in seno a Chengdu - spiega Petrini - rispetto alla necessità di rendere il nostro movimento più aperto ed inclusivo. Questi slanci politici hanno bisogno di una struttura adeguata a raccogliere la sfida, superando forme burocratizzate e rigide per arrivare a dare vero e definitivo compimento alla forte dimensione di rete che ha distinto l’operato di Terra Madre fin dalla sua nascita, e che nei fatti ha già rivoluzionato il nostro movimento. Ecco allora giustificato il cambio di pelle che stiamo per affrontare. Questo ci consentirà di abbracciare e promuovere la diversità dei modi di aderire alla nostra rete e praticare il proprio attivismo. Una diversità che sarà forma e sostanza dello Slow Food “a vivere”; affinché l’appartenenza e l’operatività della nostra rete non si limiti al rigido modello associativo tipicamente occidentale, ma includa anche quello più antico e ancestrale delle comunità”.
Un cambio di pelle che, nel concreto, significa un cambiamento strutturale nella governance. “Oggi per Slow Food essere attivisti per il cibo significa stringere alleanze con tutti coloro che come noi credono che il cibo sia un nodo cruciale per l’avvenire dell’umanità. La trasformazione in fondazione di partecipazione (secondo WikiPedia è una forma atipica di ente privato, non prevista dal legislatore ma sorta nella prassi e diffusasi all’inizio del XXI secolo, che unisce all’elemento patrimoniale, proprio della fondazione, l’elemento personale proprio dell’associazione, strumento oggi frequentemente utilizzato dagli enti pubblici per svolgere attività di pubblica utilità con il concorso di privati, ndr) ci permetterà di accogliere e riconoscere formalmente queste diversità nei modi di far parte della nostra rete, garantendo così quell’evoluzione che tutti i movimenti e le associazioni devono avere a cuore.
E, nel nostro caso, quest’evoluzione si caratterizzerà e consoliderà anche attraverso la transizione verso una governance che lascia spazio alle nuove generazioni. Dobbiamo infatti avere la capacità di saper coniugare il nuovo con la storia. Di avere coscienza che il percorso fatto fino a oggi ha permesso il conseguimento di obiettivi apparentemente irraggiungibili; permettendoci di essere ciò che siamo. Il mondo di oggi è però profondamente diverso da quello che ha visto gli inizi del nostro movimento. C’è, quindi, bisogno di farci affiancare e indirizzare dalla creatività e dall’intuizione di soggetti nuovi capaci di interpretare il presente, per poi delineare la traiettoria che consentirà il raggiungimento di traguardi futuri. Ci apprestiamo a vivere un periodo di profondo cambiamento che invito ad affrontare con gioia e soddisfazione. Il cambiamento è, infatti, sinonimo di rigenerazione, di capacità di assecondare il naturale processo di evoluzione andando ad estendere il ciclo di vita fisiologico (nascita, crescita e declino) a cui nessuna realtà può sottrarsi. Spero che questo mio invito giunga ancora più forte e caloroso a tutti coloro che non potranno essere presenti fisicamente all’appuntamento congressuale, ma che sentono le mie parole come proprie. Perché il cambiamento sarà sostanziale e duraturo solo se permeerà la nostra comunità planetaria a partire dalle realtà locali che da sempre sono l’humus vivo della nostra rete: luoghi dove si realizza il nostro presente e dove risiede la nostra possibilità di futuro”.
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