Non si pesca sulla Costa Adriatica e aumenta la preoccupazione del settore. Lo stop lungo tutto l’Adriatico è la conseguenza del fermo pesca che si estende dal 17 agosto anche al tratto di costa da San Benedetto e Termoli, dopo che la flotta aveva già interrotto le attività da Trieste ad Ancona e da Manfredonia a Bari. A darne notizia è Coldiretti Impresapesca nel sottolineare che il blocco delle attività durerà nel tratto tra il sud delle Marche, l’Abruzzo e il Molise fino al 16 settembre.
“Come nel 2020 - spiega Coldiretti Impresapesca - in aggiunta ai periodi di fermo fissati i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco che vanno da 7 a 17 giorni a seconda della zona di pesca e del tipo di risorsa pescata. Il fermo cade quest’anno in un momento difficile poiché il blocco dell’attività va a sommarsi all’aumento drastico della riduzione delle giornate di pesca imposta dalla normativa europea, per le imbarcazioni operanti a strascico. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta, per i segmenti di maggiore tonnellaggio, a circa 140 all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca considerata anche l’assenza di un efficace sistema di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni”.
La preoccupazione è tangibile perché il settore sostiene che i giorni di pesca sono pochi per sostenere una attività lavorativa che dura un anno. Secondo Coldiretti, “senza la riduzione del periodo fisso di blocco delle attività almeno per l’areale Adriatico, l’apertura alla tutela differenziata di alcune specie e la possibilità per le imprese di scegliere i restanti giorni di stop, come richiesto da Coldiretti Impresapesca, l’assetto del fermo pesca 2021 non risponde ancora alle esigenze delle aziende le quali si trovano ancora costrette a concentrare un attività che deve sostenere l’impresa di pesca per 365 giorni in appena 140-170. Per compensare tali drastiche riduzioni il settore avrebbe bisogno di scegliere autonomamente quando operare e quando fermarsi in base alle condizioni di mercato, alle necessità di manutenzione delle barche o alle ferie del personale. La rigidità del fermo attuale, peraltro, continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 35 anni di fermo pesca, per alcune specie, è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi dei lavoratori.
L’auspicio è che dal 2022 si possa partire con il nuovo Feampa (Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura) con positive novità per mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto sia delle esigenze di riproduzione delle specie di maggiore bersaglio e delle esigenze economiche delle marinerie”. Un quadro complesso dove alle problematiche strutturali si aggiungono quelle causate dalla pandemia “con un crack da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni. Se si considerano anche gli effetti combinati del surriscaldamento i cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante, il risultato - conclude Coldiretti Impresapesca - è la perdita nello spazio di un trentennio del 33% delle imprese e di 18.000 posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12.000 unità e con una vetusta età media del naviglio di 36 anni”.
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