Sui mercati di riferimento dell’export agroalimentare made in Italy, in particolare quello Usa, non si trovano prodotti realmente italiani, ma “italian sounding”. È la provocazione che il “gastronauta” de Il Sole 24 Ore Davide Paolini lancia sulle pagine del quotidiano di Confindustria (si veda Il Sole 24Ore del 13 novembre 2007), e ribadisce ai microfoni di www.winenews.tv.
“Basta vedere - dice Paolini - i dati, e uno si rende conto che il made in Italy è ben poca cosa rispetto all’“italian sounding”. Quello che il mondo dice di mangiare italiano non è altro che “italian sounding”, ma non si rende che è qualcosa di contemporaneamente diverso e forse che è un contraffazione”. “Bisognerebbe trovare nuove forme di promozione e comunicazione, le mostre dei falsi in Italia non servono a nulla, bisognerebbe far capire all’estero cosa è falso”.
Come farlo? “Bisogna ribaltare il fenomeno. Se negli Stati Uniti c’è tanta attenzione per l’Italia enogastronomica, ma si consumano - sottolinea Paolini - prodotti che sembrano italiani e non lo sono, le cose sono due: o noi non siamo in grado di esportare e di far arrivare i nostri prodotti sui questi mercati, o non abbiamo quella credibilità internazionale per far valere i nostri interessi, anche se mi rendo conto - continua il “gastronauta” - che è molto difficile riuscirci quando i paesi dell’ “altro mondo” rifiutano le denominazioni di origine perché in questo campo sono più deboli”.
Una possibile soluzione, secondo Paolini, è possibile con una comunicazione diversa: “credo che si dovrebbero cercare provocazioni forti, unire le risorse, anche economiche, invece di mandare per il mondo quattro delegati delle province o altro - conclude Paolini - e costruire una forte campagna di informazione sull’“italian sounding””.
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