Per l’export agroalimentare italiano, che nel 2016 ha totalizzato 30,9 miliardi di euro, l’incidenza dei mercati extra-Ue è stata pari al 36%. Olio d’oliva, con il 65%, e vino, con il 48%, sono i prodotti italiani che maggiormente dipendono dai Paesi Terzi, ma per alcune denominazioni, come i rossi Dop della Toscana e i bianchi Dop del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia, l’incidenza dei mercati non-Ue supera il 60% dei valori esportati. È quanto illustra Denis Pantini, direttore area agroalimentare Nomisma spa all’evento di presentazione di “Grow!”, l’Action Tank di Agrinsieme, Coordinamento nazionale che riunisce Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative e Copagri, focalizzato sul futuro degli accordi di libero scambio per il settore agroalimentare.
Lo studio di Nomisma mette in luce anche, come ha spiegato Denis Pantini, “le opportunità di tutelare le indicazioni geografiche nel quadro degli accordi di libero scambio: grazie al recente accordo UE-Canada (Ceta), il prosciutto di Parma Dop può ora accedere al mercato canadese con la propria denominazione, mentre quelli già in commercio non prodotti in Italia non potranno riportare sull’etichetta elementi evocativi del nostro Paese”. Lo studio si è poi soffermato sul significato e sulla spinta data al commercio estero agroalimentare degli accordi regionali di libero scambio intervenuti negli ultimi anni. Nel 2016, l’Unione europea ha esportato verso i Paesi Terzi prodotti agroalimentari per un valore pari a 125 miliardi di euro, diventando il secondo esportatore mondiale (dopo gli Usa). Vini e bevande, pasta e prodotti da forno, carni, formaggi rappresentano i principali prodotti esportati, con una prevalenza di quelli trasformati che nel complesso pesano per circa l’81%, a fronte di beni primari (agricoli) per il rimanente 19%.
Anche la politica commerciale dell’Unione europea ha fondato le proprie basi sullo sviluppo di accordi di libero scambio, tanto che tra questi e unioni doganali, accordi di associazione, di partenariato economico, risultano già in vigore 30 accordi con Paesi Terzi, mentre 43 lo sono in via provvisoria (come quello con il Canada) e altri 20 risultano in fase di negoziato (come quelli con il Giappone, la Nuova Zelanda, il Mercosur). Alla presentazione di “Grow!” John Clarke, direttore politiche internazionali della Dg Agri della Commissione europea ha dichiarato che la Commissione “si attende di portare a termine entro il 2020 tutti gli accordi di libero scambio ora in discussione e che le misure ivi previste entrino a pieno regime entro il 2030”.
Focus: “Grow!”, nasce action tank di agrinsieme
Si è tenuto oggi a Roma il primo appuntamento di “Grow!”, l’Action Tank di Agrinsieme, Coordinamento nazionale che riunisce Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative e Copagri, che intende mettere a disposizione dei decisori pubblici e dei propri associati un innovativo laboratorio di riflessione sulle policy che influenzano il futuro del settore. Presenti all’iniziativa il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina e John Clarke, Direttore Politiche Internazionali della Dg Agri della Commissione Europea, oltre a quaranta rappresentanti delle aziende aderenti.
Agrinsieme, costituita dalle organizzazioni professionali Cia, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, a loro volta riunite nella sigla Alleanza Cooperative Italiane - Settore Agroalimentare, rappresenta due terzi delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata e oltre 800.000 persone occupate. È stato costituito il 9 gennaio 2013 ed ha ampliato la sua rappresentatività il 9 giugno 2015 con l’adesione di Copagri.
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“Grow! è un format innovativo poiché permette un confronto diretto tra gli imprenditori e i decisori - ha dichiarato Giorgio Mercuri, coordinatore nazionale di Agrinsieme - su un tema strategico come il commercio internazionale. Imprese e cooperative agricole possono trarre grandi benefici dall’apertura dei mercati e il ritorno ai protezionismi avrebbe un impatto negativo sul settore, nonché sui consumatori. Siamo convinti che gli accordi di libero scambio debbano essere basati su principi di equilibrio e reciprocità e avere come principale obiettivo l’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie, che, di fatto, risultano essere l’ostacolo maggiore all’export dei nostri prodotti. Occorre fissare allo stesso tempo principi base a livello europeo e salvaguardare le certificazioni di qualità”.
La chiusura degli accordi di libero scambio dovrebbe inoltre secondo Agrinsieme essere preceduta da una valutazione complessiva e dinamica di impatto elaborata dalla Commissione europea e condivisa con il mondo produttivo. È poi necessario lavorare ad una armonizzazione delle procedure, della documentazione e degli standard sanitari e fitosanitari e posta una particolare attenzione al contrasto alla contraffazione, per tutelare la reputazione delle produzioni agroalimentari europee nei confronti dei consumatori e dei mercati internazionali.
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