Cavalcare la crescita delle cryptovalute ma anche il grande appeal del vino italiano di qualità, mettendo in comunicazione mondi apparentemente lontani. Con un beneficio non solo economico, per le cantine, ma di immagine e di comunicazione, soprattutto rivolto ad un pubblico, quello degli utilizzatori dei cosidetti “digital asset”, fatto in gran parte di 29-35enni dalla grande capacità di spesa, magari più avvezzi al linguaggio della finanza digitale che a quello del vino. Si spiega così, in estrema sintesi, il progetto della “Italian Wine Crypto Bank”, gestito da “I-Factor”, società di Hong Kong ma tutta italiana, in un progetto creato e diretto da Rosario Scarpato, food & wine writer e tv producer che, per oltre due decenni, ha prodotto e diretto grandi eventi di enogastronomia italiana nel mondo, comprese le 11 edizioni annuali dell’Italian Cuisine and Wines World Summit, e fondato Melius - The world’s Best & Leading Italian Restaurants.
Tante le cantine italiane già coinvolte, sottolinea “Italian Wine Crypto Bank”, nomi come Allegrini, CastelloBanfi, Baracchi, Elena Fucci, Giuseppe Cortese, La Magia, Macchie Santa Maria, Mazzei, Planeta, Sordo e Tenuta Impostino. A spiegare il meccanismo è lo stesso Scarpato, in un webinar: “la nostra banca ha creato un algoritmo che seleziona le cantine che noi contattiamo, guardato 17 parametri (come bevibilità nel tempo e longevità, capacità di mantenere valore, riconoscimento della critica e così via). Il progetto è basato su tre pilastri: le cantine, i “correntisti” che comprano vino per tenerlo in deposito o per scambiarlo, e i finanziatori. La peculiarità è che tutto passa attraverso le cryptovalute più importanti, come i Bitcoin e non solo (che sono in grande crescita), ed tutto certificato attraverso la blockchain”. I vantaggi potenziali, oltre a quello di investire in grandi vini che possono veder crescere il loro valore nel tempo, sono anche nella potenziale rivalutazione delle stesse cryptovalute in cui si commercia, ma anche dei “token” che la Italian Wine Crypto Bank emetterà.
Il meccanismo lo spiega Davide Casalin, Responsabile Iwcb per i rapporti con le cantine italiane: “identifichiamo un lotto di vino che viene conferito dalla cantina alla banca, e in quel momento alla cantina riconosciamo un terzo del valore del mercato al dettaglio in cryptovaluta. I vini vengono inseriti in catalogo e possono essere acquisitati dai correntisti, per berseli o per lasciarli come garanzia di investimento nei nostri magazzini, che si trovano in Belgio e hanno tutti gli standar di sicurezza e conservazione corretta del vino. Al momento dell’acquisto, noi riconosciamo un altro terzo del valore, in euro, alle cantine che hanno conferito il vino. In più, c’è la garanzia, per le cantine, che se il vino non viene venduto sul mercato entro 24 mesi, gli verrà pagato lo stesso perchè sarà la stessa Italian Crypto Wine Bank ad acquistarlo”.
Ma c’è di più: “la cantina - spiega ancora Scarpato - riceve anche degli “utility token”, che sono gli “asset digitali” con cui la Crypto Bank finanzia i suoi progetti. Token che possono essere scambiati tra gli stessi soci e correntisti della banca, o successivamente in luoghi di scambio come già avviene per questi strumenti”. Token che, potenzialmente, possono vedere crescere il loro valore, con un possibile ulteriore guadagno per chi li possiede. Una nuova frontiera che si apre nel mondo del commercio, del collezionismo e degli investimenti in vino?
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