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POLITICA ESTERA

Tra Cina e Australia torna il sereno: la speranza è che cadano i dazi di Pechino sul vino

Da novembre 2022 diversi passi avanti tra i due Governi, e l’abolizione dei dazi sull’orzo australiano potrebbe rappresentare l’apertura definitiva
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Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping

Da quasi tre anni, ossia dal novembre 2020, sul vino australiano si è abbattuta la scure dei super dazi voluti dal Governo cinese, che, nel bel mezzo delle tante tensioni commerciali tra Pechino e Canberra, ha deciso di aumentare le imposte sul vino importato dall’Australia ad un range che parte dal 107% e arriva ad un massimo del 212%, diventato pochi mesi dopo 116% e 218%. Un carico tale da prosciugare un canale fino a quel momento fondamentale, tanto che il settore ha perso un fatturato di 1,2 miliardi di euro l’anno. Nelle ultime settimane, però, i rapporti tra i due grandi Paesi dell’Indo-Pacifico sembrano tornati a distendersi: un primo segnale l’ha lanciato la Cina, togliendo i dazi dell’80% sull’orzo australiano, anch’essi in vigore dal 2020, in virtù delle mutate condizioni del mercato interno. Come conseguenza diretta, l’Australia ha ritirato la vertenza al Wto relativa all’orzo, ma la speranza, supportata da una certa fiducia, è che il prossimo passo riguardi il vino, come ha anticipato il Ministro del Commercio di Canberra, Don Farrell, in una intervista alla Cnbc.

Non è il primo passo di un riavvicinamento atteso a lungo e che a novembre 2022 aveva registrato l’incontro tra il primo ministro australiano Anthony Albanese ed il Presidente cinese Xi Jinping, il primo tra i leader dei due Paesi dopo sei anni. A gennaio, inoltre, la Cina aveva allentato la stretta sul carbone australiano. “Ho costantemente affermato, anche nei miei calorosi incontri con il Ministro del Commercio cinese, Wang Wentao, che preferiremmo risolvere tutte le nostre controversie con la Cina attraverso la discussione e il dialogo, piuttosto che la disputa”, ha detto il Ministro Don Farrell, mentre il Governo si dice “fiducioso” rispetto ai dossier aperti in sede Wto, che riguardano il libero commercio di vino, carne rossa e aragoste, come ricorda il magazine britannico “The Drinks Business”.

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