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SFIDE

Tra climate change, sostenibilità ambientale, ricerca e tutela, il futuro della Champagne 

Produzione e qualità al centro del piano strategico da 10 milioni di euro presentato dal Comité a Wine Paris & Vinexpo Paris
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Il futuro dello Champagne

Con 326 milioni di bottiglie vendute nel 2022 (+1,6% sul 2021), ed un fatturato export che ha raggiunto i 4,2 miliardi di euro, lo Champagne conferma un certo dinamismo, che gli ha permesso di riprendersi in fretta dallo shock della crisi sanitaria ed economica del 2020. I vigneti, però, sono fragili e soggetti ai cambiamenti climatici, e stanno fronteggiando lo sviluppo di malattie che ne causano il deperimento, come la flavescenza dorata, che rischia di rivelarsi la fillossera del XXI secolo. Per affrontare le sfide della produzione e della qualità, la filiera dello Champagne, si doterà di un nuovo centro di ricerca, sviluppo e innovazione. È solo una delle tante misure previste dal piano di investimenti da 10 milioni di euro del Comité Champagne, che definisce la strategia globale per affrontare le sfide del decennio a venire, presentato ieri a Wine Paris & Vinexpo Paris. 

Questo nuovo sito, che sarà operativo entro il 2025, aumenterà del 40% la superficie del laboratorio esistente e ospiterà attrezzature all’avanguardia: una cantina sperimentale più ampia, una nuova sala di degustazione due volte più grande dell’attuale e una nuova piattaforma sperimentale di un ettaro.

La ricerca sui vitigni è una forte leva per l’adattamento ai cambiamenti climatici, ma anche una risposta alle aspettative della società sulla riduzione dei fitofarmaci. In quest’area, la Champagne ha aderito al programma di innovazione varietale dell’Inrae nel 2010 e ha creato un proprio programma regionale nel 2014. Per garantire la disponibilità e la qualità dei suoi vini a lungo termine, la Champagne lavora sulle nuove varietà, sui metodi per combattere le diverse forme di deperimento del vigneto e definisce nuove strategie enologiche e di gestione del suolo. L’obiettivo è di anticipare gli effetti del cambiamento climatico, ma anche di soddisfare le esigenze della transizione agroecologica.

Lo Champagne, inoltre, è stato un pioniere nel mondo del vino in termini di sviluppo sostenibile: già negli anni Ottanta, l’organizzazione interprofessionale ha iniziato a lavorare sul trattamento dei reflui, sulla lotta biologica in vigna e sulla zonazione. Per la filiera il contrasto ai cambiamenti climatici e l’adattamento alle nuove condizioni ambientali sono le priorità, come dimostrano i risultati già conseguiti: il 100% dei reflui vinicoli e oltre il 90% dei rifiuti industriali sono trattati, dal 2003 è stata ridotta del 20% l’impronta carbonica per bottiglia, ed il 63% delle aree viticole è in possesso di una certificazione ambientale, con l’obiettivo di raggiungere il 100% entro il 2030. Nel 2003 la Champagne è stata la prima regione vinicola al mondo a misurare la propria impronta carbonica, ed oggi accelera l’attuazione del suo piano di sostenibilità per accompagnare la filiera verso l’obiettivo “Net Zero” entro il 2050 attraverso una forte riduzione delle emissioni (-75% entro il 2050), lo sviluppo di pozzi di carbonio e, come ultima risorsa, la compensazione delle emissioni.

Il piano di filiera deve rafforzare, parallelamente, le ambizioni economiche e sociali della Champagne, che includono il rafforzamento della resilienza del settore, dell’occupazione - per sua natura non delocalizzabile - e dell’attrattività della Regione, il cui successo si basa anche sui progetti collettivi. Le sfide di domani richiedono un coinvolgimento più forte degli operatori nello sviluppo di strumenti e di metodologie, e l’innovazione partecipativa sarà la leva per coinvolgere la filiera e accompagnarla in un percorso di appropriazione di nuove competenze.

Il piano prevede il rafforzamento della formazione, con lo sviluppo di un ecosistema educativo esteso, coerente e impattante. L’obiettivo è di essere riconosciuti come porta d’ingresso e fondamentale attore nella formazione sullo Champagne. Oggi lo Champagne ha propri uffici in dieci dei suoi maggiori mercati all’export, ed i Bureau sono responsabili della promozione della denominazione nei rispettivi Paesi, ma questa rete di “ambasciate dello Champagne” è destinata a crescere per rafforzare sempre di più la denominazione nel mondo.

Una delle missioni fondamentali del Comité Champagne è proprio la tutela della denominazione: si tratta di difendere un patrimonio tramandato di generazione in generazione per secoli,ed è proprio grazie all’azione quotidiana del Comité Champagne che oggi la denominazione è riconosciuta e protetta in 121 Paesi. Il piano di filiera avrà anche il compito di proseguire la lotta contro gli usi abusivi della denominazione, sempre più numerosi con il crescere delle nuove tecnologie.

“Non si tratta solo di rispondere all’evoluzione della domanda dei consumatori, ma di garantire la produttività e la continuità del vigneto della Champagne, di concepire e promuovere una viticoltura in equilibrio con l’ecosistema per produrre una quantità sufficiente di uve di qualità. È questa l’ambizione del piano per la filiera e il percorso che ci siamo prefissati”, ha commentato Maxime Toubart, presidente del Syndicat général des vignerons e co-presidente del Comité Champagne. “L’investimento che stiamo realizzando incarna la responsabilità sociale dei nostri attori ed è una priorità assoluta per garantire che lo Champagne rimanga un vino eccezionale, sostenuto da una filiera unita, responsabile e impegnata. È un nuovo slancio al servizio delle nuove ambizioni della nostra denominazione e del nostro terroir”, ha aggiunto David Chatillon, presidente dell’Union des Maisons de Champagne e co-presidente del Comité Champagne.

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