16,8 miliardi di euro: tanto ha fruttato l’export agroalimentare made in Italy nei primi 5 mesi del 2018. Una somma importante ma, soprattutto, una crescita, a +3,5% sullo stesso periodo del 2017, che è migliore di quasi tutti i competitor mondiali, ad eccezione della Francia, che fa +4%, mentre la Germania non va oltre l’1%, la Spagna perde il -1%, gli Stati Uniti crollano del -8%. Merito di dinamiche di crescita non solo nei mercati tradizionali (Ue e Nord America, dove i prodotti italiani “sovraperformano” la variazione media delle importazioni) ma anche in quelli “emergenti” dell’Est Europa. È il caso della Polonia, le cui importazioni di food & beverage dall’Italia sono aumentate negli ultimi cinque anni di oltre il 46%. A dirlo il report di Agrifood Monitor di Crif e Nomisma. Risultati importanti, soprattutto se inquadrati in un contesto internazionale fatto di inasprimento dei dazi, ritorno al protezionismo, accordi di libero scambio non ratificati e così via. Ma “non dobbiamo però farci ingannare, dato che al momento ci troviamo ancora in una fase di “minacce” e non di “ostacoli”, nel senso che tutte le problematiche appena descritte prefigurano uno scenario futuro benché potenzialmente imminente”, ricorda Denis Pantini, Responsabile Area Agroalimentare di Nomisma. Altro aspetto decisamente interessante che emerge dal report è che l’Italia cresce in tutti i mercati più importanti che invece, nel complesso, stanno importando sempre meno.
Se negli Usa le importazioni totali di prodotti agroalimentari hanno fatto registrare (a valore) un calo del 4% nel periodo analizzato, quelle dall’Italia sono invece cresciute del 4,5%. Trend analogo in Canada: a fronte di una riduzione dell’import agroalimentare complessivo del 6,8%, quello di prodotti italiani è aumentato del 4%. Venendo in Europa si registra un incremento dell’import agroalimentare dall’Italia del 2,6% nel Regno Unito (rispetto ad un -2,4% a livello totale) mentre in Germania le importazioni dall’Italia sono cresciute del 5,8%, a fronte di una crescita complessiva del +1,9%. Infine il Giappone, con il quale si è appena chiuso l’Accordo di Partenariato Economico (Jefta) dove anche in questo caso l’import agroalimentare dal nostro paese è cresciuto del +1,6% contro una riduzione complessiva del 5,3%. In buona sostanza “un’Italia in netta controtendenza che “fa meglio del mercato”, e che invita a valutare con attenzione i possibili impatti per il settore agroalimentare italiano che potrebbero derivare da una riduzione della spinta propulsiva che il commercio internazionale ha impresso alla crescita delle nostre imprese”, conclude Pantini. Spinta propulsiva che, in una comparazione tra top exporter in questa prima parte dell’anno, sta ponendo l’Italia al di sopra di tutti, eccezion fatta per la Francia che ci supera per pochi decimali in termini di crescita nell’export.
Merito, come detto, anche dei buoni risultati registrati al di fuori dei mercati tradizionali dell’Europa Occidentale o del Nord America come nel caso del Messico (dove l’export agroalimentare italiano cresce del 23%), della Corea del Sud (+20%), della Romania (+13%) o della Polonia (+8%), dove negli ultimi cinque anni le importazioni di food&beverage dal nostro paese sono aumentate del 46%, grazie anche ad un consumatore locale che ha potuto godere di un maggior livello di benessere e che in prospettiva dovrebbe veder crescere ancora i propri redditi (+18% le previsioni di aumento del pil pro-capite in Polonia nel prossimo quinquennio).
Ed è proprio in relazione a queste performance e al ruolo fondamentale dell’export per la sostenibilità economica delle nostre imprese agroalimentari che la valutazione delle opportunità esistenti nonché dei possibili impatti derivanti dalle diverse minacce che si prospettano all’orizzonte dello scenario di mercato saranno i due temi di approfondimento che il Forum Agrifood Monitor 2018 affronterà il prossimo 28 settembre, con un focus dedicato ai possibili effetti derivanti dalla Brexit sul sistema agroalimentare italiano, e per analizzare il posizionamento, reputazione e percezione che il food&beverage (in particolare i salumi “made in Italy”) detiene presso il consumatore polacco.
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