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MERCATI

Tra distributori e rivenditori, il vino in Germania dalla cantina al consumatore

Da Wine2Wine, Sebastian Wöll (Feinkost Käfer): “mercato impermeabile alle mode e legato agli acquisti in Gdo”
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Il mercato tedesco del vino

Prima per consumo di vino e seconda per importazioni, la Germania è uno dei mercati più importanti del mondo. Da sempre ritenuto molto attento al prezzo e non particolarmente permeabile alle tendenze, il mercato tedesco va osservato da vicino per comprenderne le peculiarità. Innanzitutto la “potenza di vendita” della Gdo e i confini poco delineati tra i segmenti della distribuzione, spesso già fornita di divisioni per la vendita on line, che rappresentano il futuro. A illustrarle, nel focus di Wine2Wine by Veronafiere, che ha portato online il wine business forum di Vinitaly, Sebastian Wöll, manager del distributore Feinkost Käfer, in un confronto con Andrea Lonardi, direttore operativo Bertani Domains.
“Molte opportunità - spiega Lonardi - legate non solo all’on-trade, ma anche all’off-trade possono essere colte da un’analisi attenta del mercato tedesco che ha una notevole importanza tattica per il futuro”. “La Germania, con 20 milioni di ettolitri consumati - dice Sebastian Wöll - è il più importante mercato mondiale per il vino con un consumo pro capite annuo, in lieve diminuzione, pari a 23,4 litri, inferiore solo a quello di Francia e Italia. Tuttavia la riduzione è meno importante di quella che riguarda la birra (100 litri/anno). Forte è l’interesse per i vini frizzanti, che hanno la fetta più importante della spesa destinata agli alcolici (il 40%). Le importazioni ammontano a 14,5 milioni di ettolitri, al netto dell’export, per una quota di mercato del 55% dei volumi consumati, un dato che si è stabilizzato negli ultimi anni. Date le caratteristiche della produzione tedesca, i vini rossi rappresentano i 2/3 delle importazioni principalmente dall’Italia, seguita dalla Francia in termini di valore e dalla Spagna per volumi. Le importazioni sono lievemente diminuite nell’ultimo periodo (0,7% e 0,2% in valore e volume rispettivamente), ma nello stesso periodo quelle dall’Italia sono aumentate dell’1,7-1,8% sia in valore che in volume”.
Sul mercato tedesco l’off trade pesa molto (82-86%), ed è dominato per l’80% da supermarket (50% di cui il 23% solo detenuto da Aldi) e discount (30%) e probabilmente questa concentrazione aumenterà e conseguentemente la capacità di vendita. I prezzi medi sono piuttosto bassi (2,25 euro nei discount e 3,10 nei supermercati). “La gdo - riprende Wöll - acquista i vini in molti modi: direttamente dal produttore, attraverso aste, attraverso agenzie, importatori, distributori e imbottigliatori che in Germania sono molto importanti perché importano grandi quantitativi di vino sfuso con prezzi competitivi che trovano un sbocco nell’off-trade. E poi ovviamente, ci sono i produttori tedeschi. Soltanto il 20% del vino in Germania viene venduto al di fuori dei supermercati, ma rappresenta una parte importante pari a 300-400 milioni di bottiglie, distribuite per il 40% direttamente dai produttori, per il 30% da rivenditori specializzati, per il 20% on line. In questo caso il prezzo medio è più elevato (5 euro) e va dai 6,5 euro della vendita diretta ai 7,5 dei negozi specializzati. La distribuzione si concentra nelle mani di 5 grandi gruppi: Hawesko group (fatturato 555 milioni di euro, 68% b2c tra retail ed e-commerce, 32% b2b); Mack & Schuehle (fatturato 261 milioni di euro, 90% gdo, 10% b2c e retail); Eggers& Granke (fatturato 220 milioni di euro, 76% gdo e C&C, 5% b2b); Schenk (fatturato 80 milioni di euro, più del 90% gdo e meno del 10% B2B); Schumberger (fatturato 50 milioni di euro, soltanto b2c)”.
Passando ai rivenditori al dettaglio, continua Sebastian Wöll, “i primi due sono controllati da Hawesko: Jacques (fatturato 160 milioni di euro, 320 negozi per 96% gdo e 4% on line); Vinos, specializzato nei vini spagnoli (fatturato 48 milioni di euro, 7 negozi con grande peso della vendita on line); Rindchen e Vino24 (fatturato 27 milioni di euro, 35 negozi, 16 per la prima insegna e 19 per la seconda); Mövenpick (fatturato 18 milioni di euro, 12 negozi); Lobenberg (fatturato 17,5 milioni di euro, 3 negozi e molta vendita on line e b2c). E poi ci sono i rivenditori regionali che vendono a enoteche e gastronomie, anche se a volte hanno una sezione B2C on line, e quelli locali. Tra questi ultimi ci sono supermercati indipendenti, che spesso hanno portafogli molto interessanti con selezioni di buon livello e prezzi medi più elevati, cosa che evidenzia ancora come nella distribuzione tedesca i confini tra la gdo e la rivendita di vino pregiato non siano netti. Infine, sono presenti anche rivenditori specializzati in vino e food italiani, facilmente individuabili dai nomi, come per esempio Andronaco ad Amburgo, Fischer & Trezza a Stuccarda, Farnetani a Monaco. Nella distribuzione esistono vari tipi di distributori, e la concentrazione sta aumentando. Negli ultimi tre anni ci sono state diverse acquisizioni e fusioni: nel 2020 Herzberger è stato rilevato da Castel Frères, nel 2019 Scettolitrioss Wachenheim ha acquisito Rindchen e Vino24, Bley&Bley si è fusa con Göttsche Getränke. I negozi specializzati indipendenti operano in un regime di concorrenza agguerrita, e infatti il loro numero è calato in 20 anni drasticamente da 5.000 a 3.000”.
La Germania è un mercato abbastanza tradizionale, ma recentemente, come altrove, l’e-commerce ha avuto le performance decisamente significative che si consolideranno e aumenteranno in futuro. Questo rappresenta una opportunità visto che diversi dei grandi gruppi della distribuzione già operano on line. “Le vendite on line - commenta il buyer tedesco - si sono mantenute elevate anche dopo la crescita intervenuta durante il lockdown. Hanno acquisito una base di clienti, tra quelli che compravano nelle enoteche, che continuerà a comprare on line. Molti si sono affezionare a questo sistema e quindi la tendenza proseguirà e aumenterà anche perché coinvolge le nuove generazioni, più affini al mondo digitale, che avranno sempre più potere di acquisto nel futuro”.
E per quando riguarda gli effetti della pandemia, “anche in Germania, dove i vini private label sono tradizionalmente forti, è cresciuta la vendita dei brand più consolidati e noti “perché in tempi di incertezza i consumatori si rivolgono ai marchi più rassicuranti” ha spiegato Wöll. “Interessante sarebbe capire come si generano le tendenze sul mercato tedesco”, chiosa Lonardi, portando l’esempio “del successo del Primitivo, iniziato dieci anni fa e consolidatosi negli ultimi cinque”. Domanda a cui risponde Sebastian Wöll: “non credo che il mercato tedesco sia così innovativo e pronto a sperimentare e a osare come accade in altri Paesi. Credo che il successo del Primitivo sia legato a un insieme di fattori. Lo stile, il nome facile da pronunciare e da ricordare, diversamente da altri vini italiani, e la facilità di beva. Per avere un grande successo in Germania si deve passare dalla grande distribuzione, perché è questo canale che fa i grandi volumi. Inoltre se si vuole aggredire il mercato con un vino premium bisogna ragionare da un punto di vista regionale e non nazionale perché vanno stili diversi nei vari Länder. In Baviera, per esempio, il Lugana è popolare da molto tempo. A Francoforte l’anno scorso abbiamo lanciato i vini dell’Etna, partendo da una piccola base, e abbiamo introdotto una tendenza”.

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