Il made in Italy, oggi, guarda alla direttrice Wto-Casa Bianca: nelle prossime ore il World Trade Center comunicherà la sua decisione sui nuovi dazi che gli Usa potranno applicare ai prodotti Ue, e su quali, e di conseguenza Trump farà emettere agli Usa la sua lista. Solo allora si potrà capire il vero impatto sul made in Italy ma, intanto, nei giorni scorsi, a Bologna, è andato in scena il “Patto del Parmigiano”, per un “Green New Deal” che veda come protagonista l’agricoltura nazionale nel rendere l’Italia più verde, con la Coldiretti che ha chiamato a raccolta i produttori di Parmigiano Reggiano e Grana Padano - tra i prodotti più a rischio di dazi - alla presenza del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha garantito che “l’agroalimentare, che mi sta particolarmente a cuore, senza dubbio, rientra tra le priorità dell’azione del Governo”, promettendo “il massimo impegno per la tutela del Made in Italy, per l’affermazione del principio della reciprocità delle norme, per garantire la qualità, la sicurezza e la tracciabilità dei prodotti, cercando di dare il prima possibile piena attuazione alla legge sulla etichettatura. Mi spenderò, anche personalmente, per attutire al massimo il potenziale impatto dei dazi sulle nostre eccellenze, dal Parmigiano Reggiano al Grana padano. Stiamo lavorando per facilitare la cultura del riciclo, un’efficace transizione ecologica. Siamo fermamente determinati a rendere l’agroalimentare italiano sempre più di qualità e competitivo nel mondo”.
Intanto, però, sono i numeri a tenere banco, a partire proprio da quelli del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. Da un lato, per i due formaggi italiani più esportati, il 2019 è da record, con un aumento in valore del 16% nel primo semestre, ricorda la Coldiretti, A guidare in Europa la classifica appassionati di Parmigiano e Grana è la Germania, dove peraltro il valore delle esportazioni è cresciuto del 19%, davanti a Francia (+11%) e Regno Unito (+15%), ma il tipico prodotto Made in Italy spopola anche nei paesi del formaggio coi buchi, come la Svizzera (+17%) o l’Olanda (+10%). Fuori dall’Europa sono gli Stati Uniti il principale mercato grazie anche a una crescita record del 26% nel primo semestre.
E proprio in Usa, però, dove finiscono ogni anno 400.000 forme, secondo Coldiretti è boom per l’italian sounding: “il Parmigiano Reggiano, assieme al Grana Padano, è, infatti, il prodotto agroalimentare più imitato nel mondo - sottolinea Coldiretti - che diventa Parmesan dagli Stati Uniti all’Australia, dal Sudafrica fino alla Russia, Parmesano in Uruguay, Reggianito in Argentina o Parmesao in Brasile o altro anche più fantasioso, come il Grana Pampeana senza dimenticare i formaggi similari che si moltiplicano anche in Europa. Tra i maggiori produttori ci sono senza dubbio gli Stati Uniti dove il mercato delle imitazioni dei formaggi italiani ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, secondo l’analisi Coldiretti su dati Usda, ed è realizzata per quasi i 2/3 in Wisconsin e California, mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. In termini quantitativi si producono negli Usa 204 milioni di chili di Parmesan, al secondo posto dopo la mozzarella con 1,89 miliardi di chili, e davanti a provolone con 180 milioni di chili, ricotta con 108 milioni di chili e Romano con 26 milioni di chili. Il risultato è che sul mercato a stelle e strisce appena l’1% in quantità dei formaggi di tipo italiano consumati ha in realtà un legame con la realtà produttiva tricolore mentre il resto è realizzato sul suolo americano”.
Una situazione che, ha ricordato Coldiretti, potrebbe solo aggravarsi. Il rischio è che i dazi che già vengono pagati, passino da “2,15 dollari a 15 dollari al kg, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari al kg. Ad un simile aumento corrisponderà inevitabilmente un crollo dei consumi stimato nell’80-90% del totale, secondo il Consorzio del Parmigiano Reggiano. Da difendere - continua la Coldiretti - c’è un sistema produttivo unico al mondo dal quale si ottengono circa 3,7 milioni di forme all’anno, con 330 piccoli caseifici artigianali della zona tipica alimentati dal latte prodotto nelle circa tremila stalle rimaste dove si allevano circa 250.000 mucche. Una stagionatura che varia da 12 a 24 mesi, il divieto nell’uso di insilati, additivi e conservanti nell’alimentazione del bestiame, un peso medio delle forme di 40 chili, l’impiego di 14 litri di latte per produrre un chilo di formaggio e 550 per produrre una forma sono le caratteristiche distintive del prodotto alimentare italiano più conosciuto e più imitato nel mondo”.
“L’Unione Europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al made in Italy oltre un miliardo in cinque anni ed ora” ha affermato il presidente Coldiretti Ettore Prandini, aggiungendo che “l’Italia rischia di essere ingiustamente anche tra i Paesi più puniti dai dazi Usa per la disputa tra Boeing e Airbus che è essenzialmente un progetto francotedesco. Una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte”, ha concluso Prandini. “Ma il quadro, nonostante questo, è difficile, perchè ci si muove su logiche molto complesse”, ha ribadito Conte. Ma, nelle prossime ore, lo scenario, nel bene e nel male, sarà più definito.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024