Dopo la lettera dei 106 deputati e senatori del Congresso Usa membri del Congressional Wine Caucus contro i possibili dazi fino al 100% sul vino Ue, arriva un’altra notizia che fa ben sperare per l’immediato futuro: la Francia di Macron e gli States di Trump si sono dichiarati una tregua nella querelle che vedeva i francesi minacciare una digital tax sui colossi del web che operano Oltralpe, con gli americani (i più colpiti) che, per tutta risposta, avrebbero a loro volta introdotto dazi di ritorsione sullo Champagne e altri prodotti francesi.
“Grande confronto con Donald Trump sulla digital tax. Lavoreremo insieme ad un buon accordo per evitare una escalation di dazi”, ha detto Macron su Twitter, il mezzo di comunicazione prediletto del presidente americano. Insomma, rapporti distesi, anche sul fronte enoico, almeno sull’asse Parigi-Washigton. La cosa, ovviamente, non vuol dire che si proceda in automatico anche nella disputa tra Usa e Ue, che come “casus belli” ha la querelle tra i colossi dell’areonautica Boeing e AirBus, e che da ottobre 2019 vede già dazi del 25% applicati tanti prodotti europei, dai formaggi e liquori italiani agli stessi vini francesi, ma anche spagnoli e non solo, e che hanno già avuto un impatto negativo importante (-37,8%% a valore le importazioni dalla Francia a novembre, primo mese di piena applicazione secondo i dati dell’Osservatorio Spagnolo del Mercato del Vino). Ma di certo, la pace, almeno temporanea, tra Francia e Stati Uniti, è un segnale incoraggiante anche nella più ampia querelle tra Unione Europea e States. E che, suo malgrado, con i possibili nuovi dazi Usa sul vino (e su tanti altri prodotti) mette a rischio l’export enoico in un mercato imprescindibile per l’Italia e per tanti altri produttori europei.
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