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“TROPPA TEORIA E POCA PRATICA NELLE SCUOLE ITALIANE”, I RISTORATORI BOCCIANO GLI ALLIEVI CHEF. SECONDO UN’INDAGINE DELL’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA, ANCHE PER IL MONDO DEI FORNELLI, LA SCUOLA E’ TROPPO STACCATA DAL MONDO DEL LAVORO

Troppa teoria e pochi fornelli. E’ così che 140 ristoratori dell’Emilia-Romagna hanno in sostanza bocciato i 7.500 allievi delle Scuole alberghiere (una decina nella regione), metà dei quali interessati proprio alla cucina (solo 35% sono studenti di sala e 15% di ricevimento). Insomma, un quadro poco entusiasmante che emerge da un’indagine, presentata ad Imola, in un convegno dell’Accademia Italiana della Cucina.

Quasi l’80% di quei ristoratori non riconosce professionalità nei cuochi usciti dagli istituti alberghieri e non ne vede l’utilità: per loro si meritano un voto di poco superiore al 5 e un giudizio prevalente di “poca o scarsa preparazione”. Servono “molto di più - affermano - le capacità tecnico professionali in luogo di quelle teoriche”. All’incontro hanno partecipato anche dirigenti scolastici, delusi dai risultati e desiderosi di essere a loro volta ri-formati direttamente in cucina, e l’assessore regionale alla scuola e alla formazione, Patrizio Bianchi, che ha suggerito aggiustamenti con un coordinamento tra chi lavora in cucina e chi insegna a cucinare. “La scuola - per lo chef Gualtiero Marchesi - deve insegnare le tecniche e il cuoco deve trasferire la conoscenza”. Deluso anche un gruppo di allievi dell’Istituto alberghiero di Riolo Terme (Ravenna), ma non c’è niente da fare: anche per Enzo Vizzari, direttore guide l’Espresso, la formazione è “un buco nero”.

“Una scuola troppo staccata dal mondo del lavoro”, ha rincarato la dose lo chef Paolo Teverini, mentre il giovane collega Piergiorgio Parini ha ricordato “orari e durezza del lavoro”. Tra altri maestri della gastronomia come Massimo Spigaroli (salumi) e Gianni d’Amato che cominciò dalle ricette di famiglia, il presidente Unioncamere Andrea Zanlari ha rilanciato i corsi di “valutazione gastronomica”, ma al presidente dell’Accademia, Giovanni Ballarini, non è rimasto che osservare come resti senza risposta la domanda che si facevano già due secoli fa in Francia: “è la scuola o la professione che deve insegnare?”.

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