Tutti pazzi per il cibo Made in Italy e all’appello non poteva di certo mancare la pasta, uno dei simboli della cucina mediterranea e della cultura enogastronomica del Belpaese. Imitata, consumata in tutto il mondo e che adesso si riscopre un prodotto fiero di tornare alle proprie origini: negli scaffali dei punti vendita è infatti in grande crescita lo spazio occupato dalla pasta che utilizza solo grano nazionale.Continua così il trend vincente dei cibi italiani che hanno raggiunto il valore record di 7,1 miliardi toccando la quota del 25% di tutti gli alimenti degli scaffali dei supermercati con bandiere, simboli, scritte e denominazioni che richiamano il Belpaese. L’analisi di Coldiretti (su dati Nielsen) sugli effetti dell’emergenza Coronavirus mostra la volontà dei consumatori a privilegiare prodotti Made in Italy per sostenere l’occupazione e l’economia nazionale. Lo dimostra il fatto che l’82% degli italiani (indagine Coldiretti/Ixè) sugli scaffali cerca prodotti Made in Italy per dare una mano all’economia ed al lavoro del territorio in un momento particolarmente delicato. E, intanto, si moltiplicano i marchi e le linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, un fatto impensabile fino a pochi anni: da La Molisana ad Agnesi; da Ghigi a De Sortis; da Jolly Sgambaro a Granoro; da Armando a Fabianelli; da Alce Nero a Rummo; da Antonio Amato a Voiello; da Fdai - Firmato dagli agricoltori italiani fino a Barilla che proprio quest’anno ha annunciato di rinnovare la sua pasta classica con grani 100% italiani che già colorano di un brillante azzurro i reparti dedicati a rigatoni e spaghetti.
L’Italia è il Paese con il più elevato consumo di pasta con un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (12 kg), Grecia (11 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia che sono a pari merito (8,7 kg). Durante il periodo di lockdown, necessario per combattere la pandemia, si è verificato un aumento degli acquisti del 17% per i derivati dei cereali come la pasta, secondo Ismea, mentre sono stati completamente azzerati i consumi nella ristorazione con i locali chiusi.
“L’Italia - continua Coldiretti - è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta con una stima dell’Istat di 1,23 milioni di ettari seminati nel 2020, in aumento dello 0,5%, con una produzione attorno ai 4,1 miliardi di chili”. Ma il raccolto Made in Italy, ammonisce Coldiretti, “subisce la concorrenza sleale delle importazioni dall’estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese come il grano duro canadese trattato con l’erbicida glifosato in pre-raccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole”. Aumenta, però, del 59% la quantità di grano duro importato quest’anno dal Canada con il quale l’Unione Europea ha siglato l’accordo di libero scambio Ceta. Secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al primo bimestre 2020, il Canada si classifica come primo fornitore dell’Italia. “Il balzo delle importazioni - conclude Coldiretti - arriva nonostante le previsioni positive per la produzione di grano italiano. Una situazione che mette in pericolo i risultati economici di oltre 300.000 aziende agricole che coltivano
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