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LA RIFLESSIONE

Un vino deve “restituire” cultura. Ed i produttori devono “fare rete e creare valore sostenibile”

Il messaggio del “Convivio” di Mura Mura, la cantina di Guido Martinetti e Federico Grom a Costigliole d’Asti

Un vino deve “restituire” cultura. È l’espressione di terra, gente, vita, complessità e ricchezza dei suoli. Il vino di qualità arriva da un terreno salubre, dove la microbiologia è ricchezza. E la missione futua di chi lo produce è “Fare rete e creare valore sostenibile”: ecco i temi, ed il messaggio, del “Convivio” organizzato da Guido Martinetti e Federico Grom, già cofondatori del brand del gelato Grom (ceduto nel 2015 ad Unilever) a Mura Mura, la loro azienda vinicola a Costigliole d’Asti, dal titolo “Agricoltura 2023: biodinamica, biologica o ...”, dove si sono riuniti agronomi e produttori di primissimo piano d’Italia e di Francia, ma anche comunicatori e non solo, da Claude Claude Bourguignon, tra i più qualificati ingegneri agronomi al mondo con la moglie Lydia, a Christian Magliola di Valoritalia, Giancarlo Gariglio (Slow Wine) a Francesco Minetti (WellCom), da Giulio Bruni (Tenuta Tascante - Tasca d’Almerita) ad Alessandro Ceretto (Ceretto Winery), da Bernard Zito (Zito) e Pierre Larmandier (Larmandier Bernier) da Elisabetta Foradori (Foradori) a Mateia Gravner (Gravner).
Claude Bourguignon, uno dei più celebri consulenti agronomi del mondo, insieme alla moglie Lydia, alla guida del “Laboratoire d’Analyses Microbiologiques des Sols”, ha introdotto la giornata presentando uno studio sull’importanza della biodiversità microbiologica del suolo e della fauna. “Ogni animale, anche il più piccolo - ha detto Claude Bourguignon- ha la sua funzione nel ciclo vitale del suolo. Bisogna che la vigna sia micorizzata e abbia un equilibrio di microbi, sia nutrita nel modo corretto” ha detto. “La sostenibilità ambientale - ha rilanciato Christian Magliola (Valoritalia), il più importante ente di certificazione del vino italiano e non solo - sarà la base delle certificazioni, il passo in più è la sostenibilità economica ed etico-sociale così come il benessere animale. La novità è che la sostenibilità di filiera vitivinicola e le buone pratiche sono riconosciute e richieste per entrare nei Monopoli di molti Paesi”.
Un focus sulla comunicazione l’ha fatto Francesco Minetti, a capo dell’agenzia WellCom di Alba: “il consumatore si trova davanti una grande scelta di vini: chi sceglie il vino naturale è oggi una tribù di consumatori che hanno il loro stile di vita e di consumo. Da una ricerca fatta con la Iulm, la generazione Z sceglie quasi sempre il bio e il sostenibile, ma il 65% non bada al fatto alla differenza tra naturale non certificato e biologico certificato”. Giancarlo Gariglio, responsabile guida Slow Wine, dal canto suo, ha ricordato come “il ruolo che ha il viticoltore in agricoltura è rivoluzionario. Il nostro lavoro di critici è di rafforzare questa rete di vignaioli che credono in vini della cultura. Ci piacerebbe che i vini che nascono dallo sfruttamento del suolo e della manodopera venissero consumati sempre meno”.
Una carrellata di case history ha poi concluso la giornata. Tra le altre, quella della Fondazione SosTain, progetto pionieristico di viticoltura sostenibile, che unisce oggi 39 aziende siciliane. A raccontarla Giulio Bruni (Tenuta Tascante di Tasca d’Almerita), cantina che ha fatto da apripista al progetto: “all’inizio erano solo 4 aziende, oggi siamo tanti e ci sono molte richieste per entrare. Il nostro decalogo delle buone pratiche prevede un approccio di rispetto del protocollo del biologico con divieto del diserbo e la pratica dell’inerbimento per rispettare la complessità dei suoli. Stiamo ragionando sulle erbe impollinanti”. Il barolista Alessandro Ceretto, ancora, ha raccontato l’esperienza di Ceretto, una delle cantine più importanti delle Langhe, che oggi porta avanti 170 ettari vitati oggi coltivati interamente in biodinamico, mentre da Elisabetta Foradori, tra le più celebri produttrici del Trentino e simbolo del Teroldego, arriva un monito: “noi siamo agricoltori privilegiati, viaggiamo e portiamo le nostre bottiglie nel mondo, ma accanto a noi c’è un mondo agricolo più silenzioso che non ha le nostre possibilità nonostante la fatica. A volte ci sono realtà economicamente non sostenibili. Alziamo la testa dalle vigne. Abbiamo fatto la monocultura, abbiamo raso al suolo le colline. Dobbiamo stringere alleanze, fare un’agricoltura che sostiene anche gli altri. Piantiamo degli alberi, non solo vigne”. La collega friulana Mateja Gravner, che guida una delle cantine simbolo del vino friulano, ha raccontato la sua storia: “papà Josko Gravner, riceveva tanti premi per i suoi vini ma non si trovava più in quello che produceva. Ammettere che quello che fai è sbagliato, è doloroso. Non si può cambiare il vino, se non cambi il modo di fare l’uva. Bisogna partire dalla vigna ed è un lavoro che non finisce mai. Non tagliamo gli alberi in mezzo ai vigneti, abbiamo riportato i nidi artificiali. Lasciamo le acque e gli stagni, così abbiamo ripopolato la vigna di animali e uccelli”. Ancora, sono state raccontate le case history del vigneron Pierre Larmandier, uno dei primi a introdurre la biodinamica nella Champagne, e di Bernard Zito, che, nelle sue vigne in Borgogna, ha piantato alberi, soprattutto pesche di vigna. Ha parlato, invece, di azienda multifunzionale Roberto Martini (Cor-nus), che non è un produttore di vino bensì un allevatore, apicoltore e produttore di formaggi. Con la sua attività in Liguria ha scelto di non aderire a nessun marchio, poichè crede che sia giusto trasmettere al consumatore la propria filosofia e personalità, libera dai vincoli delle certificazioni e definita dai limiti e dai valori etici e sostenibili che essi stessi si pongono quotidianamente. A chiudere il confronto l’intervento di Danilo Guerrini, presidente Relais & Chateaux Italia e Maître de Maison di Borgo San Felice, che ha restituito al pubblico il punto di vista del mondo che si occupa di ospitalità sul tema della sostenibilità, rimarcando come il fare rete comune, dai produttori fino ai consumatori, sia la miglior via per perseguire la qualità e il rispetto dell’ambiente. A moderare tutto il dibattito è stato il padrone di di casa Guido Martinetti, che, fin dall’inizio, ha posto l’accento sull’obiettivo del Simposio, “aprire la mente, ascoltare più opinioni possibili e non cercare risposte ma porre domande sul tema della sostenibilità”, quest’ultima da sempre specchio mutevole del contesto storico vissuto.
Il messaggio del convegno, tengono a sottolineare da Mura Mura, è che “c’è una forte necessità di porre le giuste domande a temi quali il “biologico” e il “biodinamico”, rifuggendo dalla ricerca di facili e ingannevoli certezze. Oggi si assiste ad una fase di esistenza mutevole e rapida dove questi temi sono ancora incerti, percepiti - ma non conosciuti realmente - dal grande pubblico, e quindi perfettibili. All’esigenza di trovare una via improntata a una sostenibilità più solida si riscontra il sentimento comune di adoperare un approccio più umano e umanista: è necessario avere coraggio, di credere in ciò che si fa e in come lo si fa.
Perseguire la sostenibilità sociale è forse il primo passo per un presente ricco di valori e qualità, così come al momento sembrano non esistere processi e metodologie di gestione dell’agricoltura perfette, da perseguire pedissequamente. A meno che la scelta non sia valoriale, ma una mera azione di marketing, finalizzata alle vendite. Avere un approccio fermo, rigoroso nel momento della scelta, alzare gli occhi e guardare in modo ampio e illuminato la natura come le persone, la società civile come le aziende, ci può forse portare “a riveder le stelle”.

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