Sarà perché abbiamo bisogno di una “dolce ricompensa” dopo i mesi di lockdown, sarà perché è un prodotto che fa rima con estate oppure perché è impossibile non fermarsi per un “pit-stop” durante le prime calde passeggiate serali del post-Covid. Il risultato è che il gelato è il “sogno proibito” di 9 italiani su 10 e i suoi consumi in rialzo sono un toccasana per le 39.000 gelaterie italiane che garantiscono 150.000 posti di lavoro per un fatturato annuale pari a 2,8 miliardi di euro. Si può dire che, nonostante le difficoltà, sia una fase 2 dolce per la filiera del gelato tricolore con il Belpaese che si tiene stretta la leadership mondiale nella produzione di gelato artigianale, sia per quanto riguarda il numero di punti vendita che per il fatturato.
Coldiretti ha elencato alcuni numeri che saranno destinati a crescere proporzionalmente all’aumento delle temperature. Solo nella Capitale e nel litorale romano sono stati consumati 240.000 chili di gelato distribuiti in coni e coppette nell’ultimo weekend. Un successo che abbraccia tutta la Penisola, tanto nelle città che nelle località di mare. E non manca chi non rinuncia alla dolce tentazione già nella pausa pranzo. “Il 94% degli italiani - precisa la Coldiretti - consuma abitualmente il gelato artigianale per il gusto e la bontà delle materie prime e la sensazione di refrigerio con quasi sette consumatori su dieci che preferiscono i coni alle coppette secondo l’ultima indagine Fipe”.
Coldiretti stima che nel Belpaese i consumi di gelato degli italiani hanno superato i sei chili a testa all’anno con una marcata preferenza per il gelato artigianale nei gusti storici anche se cresce la tendenza, portata avanti nelle diverse gelaterie, ad offrire “specialità della casa” che incontrano le attese dei diverse target di consumatori. Dal gelato dietetico a quello vegano, dai gusti esotici a quelli legati alla tradizione, ce n’è per tutti i gusti con il comparto sempre pronto a “fiutare” le nuove tendenze. Nelle gelaterie presenti in Italia si stima che per la produzione vengano utilizzati durante l’anno 220 milioni di litri di latte, 64 milioni di chili di zuccheri, 21 milioni di chili di frutta fresca e 29 milioni di chili di altri prodotti.
Numeri che hanno il merito di smuovere positivamente il giro di affari delle imprese fornitrici. E poi c’è il fattore caldo. A sostenere i consumi è anche un 2020 con una temperatura superiore di 1,41 gradi alla media storica. Si tratta, secondo una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Isac- Cnr relativi al primo quadrimestre dell’anno, del dato “più caldo” da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1800.
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