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Una mela “consuma” 125 litri d’acqua, un chilo di carne di maiale quasi 6.000 litri mentre un chilo di tè 8.860 litri: ecco le impronte idriche di alcuni beni di largo consumo stilate da “Water Footprint Network” e pubblicate sul sito “In a Bottle”

Una mela “consuma” 125 litri d’acqua, un chilo di carne di maiale quasi 6.000 litri mentre un chilo di tè 8.860 litri: ecco le impronte idriche di alcuni beni di largo consumo stilate dall’associazione “Water Footprint Network” (www.waterfootprint.org) e pubblicati sul sito “In a Bottle” (www.sanpellegrino-corporate.it/in-a-bottle.aspx). L’associazione per la tutela dell’oro blu ha realizzato un vademecum per raccontare quanto costano in termini di acqua alcuni prodotti di tutti i giorni e quindi sensibilizzare sul potenziale “spreco” di una risorsa così preziosa. Per produrre un chilo di orzo per la birra - si scopre su In a Bottle - vengono impiegati circa 1.420 litri di acqua, mentre per ogni litro di malto ne vengono utilizzati circa 298 litri”.
Calcoli alla mano, significa che un bicchiere da 250 ml di birra costa 74 litri di acqua, e questa è la sua “impronta idrica”. Anche una “innocua” mela in realtà ha bisogno di tantissima acqua: per crescere fino a un peso medio di 150 grammi ne consuma almeno 125 litri, mentre se è venduta in succo ne richiede 1.140 litri per ogni confezione da un litro. Su tutt’altro livello la carne di maiale, che ha un’impronta idrica di quasi 6.000 litri per chilo, una quantità 5 volte più grande di quella per i cereali e gli amidacei.
Ma l’impronta idrica più alta è quella del tè, che richiede 8.860 litri d’acqua per produrne un chilo. E per ogni bustina che contiene 3 grammi di foglioline, sono stati consumati 30 litri d’acqua. Nella lista di prodotti di consumo con relativa impronta idrica troviamo anche alcuni prodotti tipici italiani: per il vino ci vogliono 610 litri per chilogrammo: significa che un solo bicchiere costa 110 litri d’acqua. Per il riso, invece, c’è bisogno di 1.670 litri di acqua per chilogrammo per la raccolta (il cosiddetto risone), mentre dopo la lavorazione l’impronta raddoppia, arrivando a 2.500 litri per chilogrammo.

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