Entro il 2050 sulla terra ci saranno 10 miliardi di persone, 3 miliardi in più, su un pianeta dove l’emergenza acqua potabile non è più solo un’imminente emergenza ma una drammatica realtà con cui già da oggi si confrontano quotidianamente 1,6 miliardi di persone. Secondo Lars Thunell, vice presidente esecutivo della International Finance Corporation, branca della Banca Mondiale, ci sono solo due strade percorribili: una è quella del razionamento, una soluzione poco efficace e di difficile applicazione, e l’altra è quella di far pagare l’acqua a chi la usa, ma in modo “socialmente responsabile”. L’acqua nel 2010 è stata riconosciuta dalle Nazione Unite come un diritto irrinunciabile dell’umanità, ed è giusto che per questo motivo, sostiene Thunell, imprese e agricoltori paghino una tassa, che in Italia potremmo definire “di scopo”, che serva a portare l’acqua dove scarseggia. E, a fronte di possibili obiezioni e proteste, Thunell ricorda che solo l’1,5% dell’acqua viene utilizzata per fini alimentari, tutto il resto è destinato ad usi industriali, domestici e all’agricoltura, che ne assorbe la maggior parte. Ed è in questo quadro che si colloca la direttiva sulle acque della Comunità Europea emessa nel 2000, dove si incoraggiano i governi ad adottare politiche di risparmio e di maggiore efficienza nella distribuzione idrica, il cui 45%-50%, è il caso italiano, si perde ancora oggi lungo le migliaia di chilometri di tubature vecchie e mal manutenute.
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