Manca poco alla pubblicazione della nuova black list Usa, che colpirà i prodotti europei per 3,1 miliardi di incassi. Nella short list, in questo terzo “carosello”, c’è ancora il vino italiano, fin qui graziato dall’Amministrazione Trump, che, nella disputa tra Usa ed Unione Europea sulla querelle tra Boeing ed Airbus, ha colpito principalmente i Paesi del Consorzio aeronautico europeo, ossia Paesi, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Nella speranza di passare indenni anche questa volta le forche caudine del Dipartimento del Commercio Usa, a rincuorare l’Italia enoica ci sono i dati delle esportazioni Oltreoceano, nei primi cinque mesi 2020, che WineNews ha analizzato e commentato con Denis Pantini, direttore Area Agroalimentare Nomisma e responsabile Wine Monitor.
Partendo dal dato generale, in questi primi cinque mesi del 2020 le importazioni di vino Usa, secondo i dati doganali, a valore hanno perso il 4%: se si considerano i primi effetti del lockdown, applicato dai Governatori, e quindi a macchia di leopardo, tutto sommato si può parlare di un dato positivo. Sono, però, dati, ricorda Pantini, “influenzati dalla corsa agli approvvigionamenti del primo bimestre 2020, dopo l’introduzione dei dazi sul vino francese, che ha portato ad un boom dello Champagne (+158% sullo stesso bimestre del 2019) e a piccoli benefici anche per i nostri vini di alta gamma”.
Nel complesso, i francesi perdono il 18% e gli australiani il 12%, mentre l’Italia cresce addirittura del 10%, ma il best performer è la Nuova Zelanda: +11%. Perdono qualcosa anche Spagna (-3%) e Cile (-7%), con l’Argentina in territorio positivo (+2%). I dati mensili, relativi al totale vino, ci dicono che in maggio 2020, su aprile, l’Italia cresce a livello congiunturale del 19%, “sempre considerando che ad aprile le importazioni erano state ben inferiori a quelle di gennaio e febbraio, per i motivi che abbiamo detto prima”, dice Prandini. La Francia perde, invece, il 30% a maggio su aprile, “e se andiamo a vedere il trend tendenziale, quindi maggio 2020 su maggio 2019, l’Italia fa il +7%, inaspettatamente, a differenza dei francesi, che fanno il -59%. L’Italia, dopo la corsa alle scorte, ha seguito ad aprile e maggio 2020 una rotta tutta sua. Non si tratta degli effetti di una corsa all’accaparramento per la paura del carosello di agosto che, in caso, si potrebbero vedere a giugno e luglio”, spiega Denis Pantini. L’Italia, in sostanza, ha continuato a spedire i propri vini in questi mesi, e non era affatto scontato, visto che anche la Nuova Zelanda, su aprile, ha perso il 9%.
Andando a guardare i numeri dei vini fermi imbottigliati, la tendenza non cambia: a maggio 2020 hanno fatto segnare il +22% su aprile, e +1% su maggio 2019. Le dolenti note, ma non così dolenti, arrivano dall’analisi dei prezzi medi: restando sui vini fermi, a maggio su aprile, il prezzo medio ha perso il 7%, e su maggio 2019 il 15%. “C’è tensione sui prezzi, ma va fatta un’analisi precisa - spiega il responsabile di Wine Monitor - perché non è un dato così negativo come si potrebbe immaginare. Racconta semmai un cambio negli acquisti: se nei primi due mesi si è puntato forte sui vini di alta qualità, anche per la paura dei dazi, via via che l’on trade è entrato in difficoltà è cresciuto specularmente l’off trade, dimostrando che l’Italia ed i suoi vini godono di una presenza importante anche allo scaffale, dove sono i primi per giro d’affari ed i secondi, dietro agli australiani per volumi venduti”. Male anche la Francia, che perde il -2% su aprile ed il -26% su maggio 2019, ossia prima che i dazi entrassero in vigore, il che giustifica un tale abbassamento del prezzo medio.
Crescono, quindi, i volumi: del +32% a maggio su aprile, stando sull’imbottigliato fermo, e del +18% a maggio 2020 su maggio 2019. Decisamente peggio fa la Francia, che perde il 16% a maggio su aprile ed i 39% su maggio 2019. “Anche gli altri Paesi - riprende Pantini - si sono lasciati un po’ andare sui prezzi, con volumi cresciuti dall’Australia del +9% su aprile, l’Argentina addirittura +56% e la Spagna +11%. Il prezzo medio del vino francese, così, con la giustificazione del dazio, a maggio 2020 ha fatto segnare un import per il vino fermo a 6,7 euro al litro, contro i 9 euro al litro di maggio 2019, e l’Italia è scesa a 4,9 euro al litro contro i 5,7 euro del 2019. Sono cali che ci stanno, legati anche al tasso di cambio”. Per capire, infine, come si sono comportati i grandi vini del Belpaese, è interessante analizzare l’andamento delle Dop delle tre principali Regioni (fermi però ad aprile 2020, ndr), da cui emerge come i rossi Dop della Toscana (Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Chianti, Nobile di Montepulciano), sono passati, ad aprile 2020 su aprile 2019, da 8,5 a 8,3 euro al litro (-3%), i rossi Dop del Piemonte (Barolo, Barberesco, Nebbiolo e tanti altri), sono addirittura cresciuti, dai 9,7 a 11,2 (+15%), mentre i rossi Dop del Veneto (escluso l’Amarone, che supera spesso i 15 gradi, finendo fuori dalle statistiche doganali) sono passati da 3 a 2,5 euro al litro.
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