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FAVOREVOLI O CONTRARI?

Vino dealcolato, un mercato ancora di “nicchia” ma in crescita, sotto i riflettori “ProWein”

Mentre il dibattito è in corso in Italia e in Europa, WineNews ha analizzato il trend dalle voci della produzione e del business a Düsseldorf
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Vino dealcolato, tra le tendenze di mercato alla “ProWein”

Sembra vino, ma non lo è, o forse sì. In ogni caso il trend del vino a basso tenore alcolico o senza alcol si sta facendo largo, perché, sull’onda di un’offerta di bevande low/no alcol aumentata esponenzialmente negli ultimi anni in molti Paesi del mondo, rappresenta un mercato ancora di “nicchia” a livello mondiale, stimato a 322 milioni di euro, su 7,5 miliardi di euro totali, in gran parte coperti dalla birra, secondo un recente studio Areté per la Commissione Agricoltura Ue, ma che sta crescendo molto velocemente. E mentre il dibattito è in corso in Italia, dove sia produttori che istituzioni, a partire dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, non sono contrari al vino “zero alcol” ma dicono di non chiamarlo “vino”, e in Europa, dove si fa strada l’esigenza di una normativa comunitaria che faccia chiarezza soprattutto in termini di etichettatura, è questa una delle tendenze di mercato, registrate da WineNews, da “ProWein” a Düsseldorf, e che vede sempre più produttori che vi investono e operatori specializzarsi nel segmento, intravedendovi un grande potenziale per raggiungere nuove categorie di consumatori e sull’onda di consumi sempre più “salutari”, soprattutto tra i giovani, più attenti a stili di vita sani e inclini a provare nuovi prodotti.
“Abbiamo cominciato a produrre questi vini l’anno scorso, partendo con 3 etichette che abbiamo presentato alla “ProWein 2022”, poi abbiamo aggiunto un altro vino in agosto, e oggi siamo presenti alla sua edizione 2023 a Düsseldorf con 7 vini - spiega, a WineNews, il produttore tedesco Christian Nett della Bergdolt-Reif & Nett - vengo da una famiglia di produttori di vino, e abbiamo visto che spesso i clienti ci chiedevano vino a basso contenuto alcolico o dealcolato. Fin dal 2018 abbiamo cercato un partner che fosse in grado di mantenere la qualità dei vini tradizionali nei vini senza alcol, e finalmente lo abbiamo trovato nel 2022 e abbiamo cominciato. Per fare vini dealcolati di qualità usiamo la distillazione sottovuoto, e abbiamo messo a punto un sistema per recuperare l’aroma dall’alcol che è stato rimosso. Credo che il vino tradizionale e quello dealcolato siano destinati a due tipi di clienti diversi, ma per ora proponiamo il vino dealcolato ai nostri clienti tradizionali. E devo dire che i ristoratori ed i titolari di enoteche lo prendono in considerazione per ampliare la gamma dei prodotti da offrire ai propri clienti. Ma credo anche che questo prodotto sia in realtà destinato a quel 30-40% di persone che per vari motivi, che possono essere di salute o religiosi, non sono mai venuti in contatto con l’alcol. Certo, non sono persone che vanno a fiere o festival del vino o a visitare le cantine, ma possono essere potenzialmente interessati a questo prodotto, e la nostra mission è farglielo conoscere. Abbiamo una produzione totale di 400.000 bottiglie all’anno, e l’anno scorso ne abbiamo prodotte 25.000 senza alcol, che è veramente un bel numero, considerato che siamo partiti da zero. Lo produciamo 2.000 litri per volta, e devo dire che stiamo imbottigliando di continuo: quest’anno credo che ci attesteremo sulle 40.000 bottiglie, che è il 10% della nostra produzione. Perché la domanda di mercato si sta spostando verso questo tipo di prodotto”.
“Il mercato del vino senza alcol a livello mondiale rappresenta poco meno dell’1% del totale, ma sta crescendo del 10-20% all’anno, quindi molto velocemente - sottolinea, a WineNews, Frédéric Chouquet-Stringer, fondatore della tedesca Zenotheque GmbH, specializzata nella vendita online di vini senza alcol - i mercati più importanti sono la Germania (che vale 69 milioni di euro, secondo le stime, ndr), gli Stati Uniti (1 miliardo di euro), la Scandinavia, il Regno Unito (primo mercato per le alternative low/no alcohol ai superalcolici, con vendite per 98 milioni di euro), i Paesi Bassi e il Giappone, mentre Francia (dove il vino a basso tenore di alcol ha raggiunto nel 2021 un valore di mercato stimato a 166 milioni di euro) e Italia (dove il mercato delle bevande low/no alternative ai superalcolici nel 2021 ha raggiunto 8 milioni di euro, a fronte dei 78 milioni di euro del mercato francese, con il vino - parzialmente - dealcolato che vale 30 milioni di euro) stanno cominciando, lentamente, a crescere, e in particolare i francesi si stanno interessando molto a questo prodotto. Oggi molti dei consumatori di vino dealcolato sono persone che solitamente non bevono vino, o che vogliono bere meno. Quello che vediamo con il passare del tempo è che il consumatore sta cambiando, e ci sono persone che apprezzano il vino, ma che in determinati momenti preferiscono non bere ma non vogliono rinunciare alla sensazione di bere vino. È un prodotto apprezzato anche da vegani e flexitariani, e ci sono persone che il sabato sera a cena vogliono bersi un buon vino alcolico, e al meeting aziendale del martedì preferiscono bersi un vino senza alcol. Bisogna partire dal presupposto che si tratta di un compromesso: sono d’accordo sul fatto che non sia vino al 100%, ma per la legge è vino e l’Unione Europea lo chiama vino, quindi rientriamo nel mondo del vino. Del resto all’inizio è vino, c’è la fermentazione, c’è il gusto della fermentazione, e quando assaggi buoni vini non alcolici sei veramente molto vicino al gusto del vino, e sei lontano dal sapore del succo d’uva. Il miglior modo per convincere le persone è far loro assaggiare il prodotto. Riguardo alla polemica se un prodotto senza alcol possa essere chiamato vino, invece, io oggi sono concentrato sulla qualità del prodotto, più che a sapere cosa c’è, ma nel medio termine questo cambierà, perché il numero di prodotti sul mercato aumenterà, e il consumatore dovrà sapere se è vino o se è qualcos’altro e come classificarlo. L’Oiv-Organisation Internationale de la Vigne et du Vin ci sta già lavorando, e sarà un grande lavoro. Così come sarà sempre più importante dimostrare la qualità del prodotto al consumatore finale. Questo fenomeno cambierà il mercato del vino nel giro di 2-3 anni, e penso che il mercato del vino tradizionale calerà molto velocemente nei prossimi 20 anni. Le statistiche ci dicono che i giovani tra i 18 e i 24 anni non bevono alcol, che il grosso dei consumatori ha dai 45 anni in su, e che calano ogni giorno. Credo anche che i produttori non abbiano la consapevolezza di questo fenomeno: il vino dealcolato può essere la risposta a questo problema, e se lo si fa conoscere ai nuovi consumatori, rappresenterà un buon business nel lungo termine”.

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