Se il caporalato e condizioni di lavoro oltre i limiti della legalità e dell’etica sono un male che affligge non di rado le campagne del Belpaese, anche i grandi territori del vino mondiale non sembrano essere immuni da questa piaga. Neanche sua maestà la Champagne, regione da cui arrivano le bollicine con il più alto valore aggiunto nel mondo. Almeno stando ad un articolo di “Wine-Searcher”, firmato da Barnaby Eales, che titola, duramente, “Modern Slavery in Champagne” (“Schiavitù moderna nella Champagne”), e che segue di qualche giorno la notizia di due lavoratori morti tra i filari, con ogni probabilità per il gran caldo, sebbene, va precisato, le vicende non siano collegate tra loro.
Tra i fatti segnalati, il via vai da Parigi al villaggio di Nesle-Le-Repons nella Valle della Marna di 50 lavoratori africani che le autorità hanno trovato alloggiati in condizioni non dignitose e non igieniche, pagamenti mai arrivati ai lavoratori, in gran parte di origine africana, con documenti di identità e di lavoro non in regola, e non solo. Inoltre, il 22 settembre, un Pubblico Ministero francese a Châlons-en-Champagne ha annunciato l’avvio di due indagini su casi di traffico di esseri umani che coinvolgono vendemmiatori.
Ancora, secondo “Wine-Searcher”, 18 raccoglitori bulgari sono stati alloggiati in condizioni non sicure in una casa nel villaggio di Cuis, in Côte des Blancs, vicino a Epernay. La prefettura francese locale ha chiuso l’alloggio il 18 settembre e ha descritto i servizi igienici e le aree comuni della casa come in uno “stato ripugnante”. Ed altri due centri di accoglienza improvvisati che ospitavano vendemmiatori provenienti dall’Europa orientale sono stati chiusi a settembre in vendemmia. Ancora, il 13 settembre, le Autorità francesi hanno chiuso un sito di alloggio nel villaggio di Vinay, in Champagne, in cui 73 raccoglitori di uva provenienti dall’Europa orientale sono stati alloggiati in condizioni indegne, in delle tende. E, solo pochi giorni prima, l’8 settembre, la prefettura francese locale aveva ordinato il ricollocamento di 160 vendemmiatori ucraini dopo aver dichiarato che le condizioni dell’edificio in cui alloggiavano nel villaggio di Mourmelon-Le-Petit erano definite “non sicure” e “malsane”.
Le indagini del Pubblico Ministero francese, ora, hanno sollevato nuovi interrogativi sul modus operandi e sulla responsabilità legale delle case e dei coltivatori di Champagne e delle agenzie di reclutamento subappaltate impiegate ogni anno per assicurarsi circa 120.000 vendemmiatori necessari durante la vendemmia. In una dichiarazione congiunta, i co-presidenti del Comité de Champagne (Civc), Maxime Toubart e David Chatillon, hanno promesso di raddoppiare gli sforzi per evitare che tali situazioni drammatiche si ripetano. “Abbiamo appreso che alcuni vendemmiatori sono stati alloggiati in condizioni disumane. Condanniamo fermamente questo comportamento indicibile. Dobbiamo agire senza indugio per garantire che queste situazioni non si verifichino più”. Toubart e Chatillon, che rappresentano rispettivamente i coltivatori e le Maison di Champagne, hanno affermato che è loro “responsabilità collettiva” porre fine a tale comportamento, sottolineando che la sicurezza e la protezione dei vendemmiatori era una “priorità assoluta”.
Ovviamente, come sempre in questi casi, la prudenza è d’obbligo, e si dovrà vedere a cosa porteranno le inchieste. Ma è evidente come le condizioni di chi lavora nelle campagne siano un problema collettivo, non solo dove si raccolgono pomodori o fragole per pochi euro, ma anche nei territori più ricchi ...
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