Nel 2011 l’exploit del vino italiano sui mercati esteri ha permesso al comparto di chiudere l’anno in positivo, grazie alla solidità dei mercati storici (Germania, Stati Uniti e Gran Bretagna), e alla performance dei mercati emergenti (Russia, Cina, Brasile, India), che si stanno ritagliando un ruolo sempre più importante. WineNews, al Porto Cervo Wine Festival, ha intervistato buyers indipendenti di tanti mercati, e quello che ne emerge è un quadro complesso, figlio di un mondo in continuo mutamento. “In Scandinavia, Svizzera ed Austria - racconta Søren Hannibal Villadsen - la quota di vino italiano ha raggiunto il 30%, è facile da commercializzare, l’unico problema potrebbe arrivare da un aumento dei prezzi incontrollato, dettato dall’euforia del momento”.
Un monito condiviso anche da Mark Hintzen, buyer bavarese: “la varietà dei vini italiani è irraggiungibile per tutti, e poi noi tedeschi abbiamo una vera passione per il Belpaese, è la nostra meta preferita, e ci piace portare a tavola gli stessi splendidi vini che abbiamo bevuto in vacanza. Ma attenzione a tenere sotto controllo i prezzi”.
In Russia, la musica non cambia, quello che cambia sono le problematiche: “il nostro è un mercato relativamente giovane - spiega Margareta Krasnopolzkaya - in cui i vini toscani (Brunello, Chianti) e piemontesi (Barolo, Dolcetto) la fanno da padrone. Il vero problema è un sistema di norme, licenze e certificazioni molto complicato che, con tasse e dazi altissimi, fanno aumentare i prezzi allo scaffale di 5-6 volte sul prezzo d’origine”. Situazione simile in India: “un mercato pieno di potenzialità, e che ama profondamente lo stile di vita italiano - spiega Vikash Gupta - ma sul quale c’è da lavorare tantissimo affinché il vino entri a far parte della nostra cultura”.
Le certezze, però, arrivano dai mercati storici: “in Usa, i vini italiani vanno alla grande - racconta Ross Bouchard - e adesso stiamo scoprendo anche il Sud Italia, con la consapevolezza che c’è ancora spazio per crescere”. Anche nel Regno Unito le cose vanno bene, come spiega Nick Burton: “la cultura del vino italiano si è affinata tantissimo, il consumatore conosce le differenze e sa orientarsi, ma attenzione ad abbassare la guardia, la concorrenza è tanta”.
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