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L’ANALISI

Vino, la pandemia come la crisi finanziaria del 2008/2009. Quando il recupero fu rapidissimo

Il futuro del vino post Covid, tra cambiamento, dazi, sostenibilità, politiche sull’alcol e non solo, secondo il direttore Oiv, Pau Roca
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Il direttore Oiv, Pau Roca

Se è vero che la pandemia sul mercato internazionale del vino ha impattato più o meno come la crisi finanziaria del 2008/2009, secondo i dati Oiv (con consumi mondiali, nel 2020, scesi del -3% sul 2019, a 234 milioni di ettolitri, scambi internazionali diminuiti del -1,7% in valore, a 105 milioni di ettolitri, e del -6,7% in valore, a 29,6 miliardi di euro), è difficile ipotizzare se il recupero, come successo più di 10 anni fa, sarà altrettanto veloce. “Ci sono alcuni elementi per pensarlo, come il recupero che si è comunque registrato a livello globale nella seconda parte del 2020. Altri che fanno pensare ad uno scenario diverso, e c’è chi ipotizza che la vera crisi economica dovuta alla pandemia in alcuni Paesi sia già superata, e in altri debba ancora iniziare. Insomma, lo scenario è di grande incertezza, come è ovvio. Magari in tanti Paesi si tornerà a poter fare celebrazioni e feste, e questo forse aiuterà un recupero più rapido degli spumanti, che, in tanti mercati, sono ancora vini da occasione, e non fanno parte del consumo quotidiano, e hanno sofferto più degli altri”. Parole del direttore Oiv Pau Roca, che commenta i dati sulla situazione del vino e della viticoltura mondiale, presentati in queste ore, a Parigi.
Alcune certezze, però, ci sono. “È vero che i prezzi del vino sono scesi - ha detto Roca, rispondendo a WineNews su un possibile allarme sulla tenuta dei valori - ma non ci sono condizioni per pensare che le cose possano peggiorare ancora. Nel peggiore dei casi la domanda globale ricalcherà quanto visto nel 2020, ma probabilmente ci sarà anche un miglioramento, mentre anche dopo le recenti gelate che hanno colpito Paesi come Francia, Italia e Germania, con danni importanti ma ancora da stimare, è facile immaginare che la vendemmia 2021 non sarà così abbondante. E questo, sul fronte dei prezzi di vino e uve, suggerisce che i valori non dovrebbero scendere ulteriormente”.

Ma al di là delle contingenza, il vino di domani si troverà ad affrontare situazioni strutturali. Alcune storiche, come la concentrazione dei mercati, altre accelerate dal Covid, con effetti probabilmente tutt’altro che passeggeri, come una diversa distribuzione del peso dei canali di consumi, in una anno in cui gdo e e-commerce sono cresciuti in maniera importante, a scapito di un fuori casa che, penalizzato dalle norme anti contagio, con lunghi periodi di chiusura che se in Cina sono ormai un ricordo e in Usa e Uk stanno finendo, in Europa, ad oggi, sono ancora ben presenti ed estesi. “Il vino oggi è consumato in 200 Paesi del mondo, ma i primi 5, ovvero Usa, Francia, Italia, Germania e Regno Unito, valgono il 50%, con in primi 10 si arriva al 70%. E’ una situazione che dura da tempo, e dice di quanto l’industria del vino debba lavorare per diversificare, perchè come la pandemia ha mostrato chiaramente, la concentrazione su pochi mercati sia un rischio enorme”, ha sottolineato Roca. Discorso che vale per un mercato del vino, in cui quasi 1 bottiglia su 2 (il 45% secondo il “wine market internationalisation index” dell’Oiv) viene consumata in un Paese diverso da quello di produzione. E un grande mercato dove diversificare è l’Asia, che, per anni, soprattutto in prospettiva, è stata sinonimo solo di Cina. “Per anni abbiamo pensato che la crescita dei consumi in Cina avrebbe guidato il cambiamento del mercato del vino, perchè è evidente che si tratta di un Paese enorme”, sottolinea Roca. Ma dopo anni di crescita e di investimenti, con i consumi certamente cresciuti, ma non come ci si aspettava, “forse si deve cambiare prospettiva, perchè ci sono tanti Paesi in Asia, sicuramente più piccoli, ma nei quali il consumo cresce e in modo importante”.
Tanti i temi che sono sul tavolo, per il mercato del vino: dal reale impatto della pandemia, tutto da capire nel medio lungo termine, a quello della Brexit, passando per le tensioni sui dazi che se sembrano allentarsi tra Usa ed Europa, si sono acuite tra Cina e Australia, con i cinesi che hanno accusato gli australiani di dumping, imponendo dazi importantissimi sulle importazioni di vino australiano, protagonista di una crescita enorme negli ultimi anni.
E, non ultimo, le politiche di regolamentazione sul consumo ma anche sulla promozione di alcol nei vari Paesi e aree del mondo. Compresa la stessa Unione Europea, dove è ancora i ballo la questione delle indicazioni nutrizionali nell’etichetta dei vini, ma anche quella dell’inserimento di avvisi sui potenziali rischi per la salute come avviene per le sigarette, come previsto dal piano contro il cancro della Commissione Ue. Tema sui cui l’Oiv non si sbilancia: “noi abbiamo 48 Paesi membri, 20 in Ue e 28 al di fuori, non è il nostro compito entrare nel merito di decisioni simili, anche perchè l’Unione Europea come istituzione non è un nostro membro, lo sono alcuni dei suoi singoli Paesi. Di certo - ha detto ancora Roca, rispondendo a WineNews sulla questione - in un mercato come quello del vino, le misure con cui i Governi supportano la filiera o la ostacolano, sono molto influenti. Quello che posso dire è che serve equilibrio: non si deve esagerare con i sostegni perchè destabilizzano il mercato, ma non si deve neanche andare in direzione opposta con politiche che lo penalizzano troppo. In alcuni Paesi dove la produzione ed il consumo sono storici, si è capito che il vino e la sua filiera sono un patrimonio culturale oltre che economico, e che la cultura del vino aiuta anche a combattere l’abuso di alcol. Questo tipo di visione, di cultura, di approccio al vino, devono essere esportati nel mondo”.

Un’altra certezza, almeno nel medio termine, è che la cornice, il framework in cui il vino si muove, è legato a doppio filo a due aspetti, come ricordato da Roca: da un lato, il grande tema della sostenibilità, in ogni aspetto, ambientale, produttivo, sociale, economico, della filiera del vino, e, dall’altro, quello dell’innovazione digitale, che il Covid, non solo dal punto di vista del commercio, ma anche della comunicazione, delle degustazioni on line e così via, ha accelerato in maniera fortissima.
“La pandemia da Covid-19 non è solo una grande crisi congiunturale. Ma qualcosa che cambierà lo scenario complessivo - ha sottolineato Roca - anche per il vino. E come sempre accade in questi casi, chi saprà adattarsi al cambiamento, o meglio ancora chi saprà anticiparlo ed guidarlo, sopravvivrà e crescerà”.

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