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CONGRESSO ASSOENOLOGI N. 73

Il paradosso del mercato italiano del vino ancora croce e delizia per tutti i produttori

In assenza di numeri precisi, è difficile analizzare i consumi interni: gli affari corrono in Gdo, il 60% della produzione in 500 cooperative
Italia
Il paradosso del mercato italiano del vino ancora croce e delizia per tutti i produttori

Il fatturato del vino italiano ha fatto segnare nel 2017 un incoraggiante +5% sul 2016, nonostante i consumi mondiali non siano più in aumento. Un trend positivo che per la maggior parte è dovuto all’alta penetrazione nei mercati internazionali delle etichette del Bel Paese. Eppure, in Cina appena ci conoscono, in Germania i prezzi del vino sono in discesa, in Usa l’architettura distributiva è complicata e sempre più concentrata e in Inghilterra i consumi sono in calo e i dazi sono alti. Dove sta allora una porzione del successo del vino italiano? Probabilmente nell’andamento del mercato italiano, che, tuttavia resta croce e delizia per tutti i produttori tricolore. Un tema consueto ma di solito non abbastanza approfondito e che ha trovato alcune risposte nella discussione del Congresso di Assoenologi, nei giorni scorsi a Trieste.
Per comprendere la struttura dell’andamento dei consumi interni, occorrono dati, ma “numeri precisi sul mercato italiano - spiega Stefano Leone, direttore vendite Antinori - non ci sono, se non in forma aggregata.
L’Italia produce mediamente 6 miliardi di bottiglie, la metà consumate in Italia, al ritmo di 340.000 bottiglie all’ora. Dal 2002 al 2016, però, il consumo interno è calato costantemente, con l’unica categoria in crescita rappresentata dagli spumanti. In termini produttivi, in Italia ci sono 310.000 viticoltori e 45.000 aziende imbottigliatrici, ma appena 500 cantine sociali detengono il 60% della produzione complessiva. Inoltre, sono 100 le aziende che fatturano più di 10 milioni di euro all’anno, mentre sono appena 35 quelle che fatturano più di 60 milioni di euro”.
Andando a segmentare il mercato italiano, è importante sottolineare che il 38% delle bottiglie consumate viene venduto dalla Gdo. Si tratta di “7,5 milioni di ettolitri per 790 milioni di bottiglie da 0,75 lt - aggiunge Valerio Civa, fondatore di Effe.ci e Tenimenti Civa - per un fatturato di 2,3 miliardi ripartiti per il 71% nella Gdo vera e propria, che rappresenta anche il 59% a volume”. Il 17% è invece venduto dal canale ho.re.ca., il 13% dalla vendita diretta e l’8% dalle enoteche. Ma se i dati generali vengono trasferiti ai vini che costano più di 25 euro, il quadro trova un’altra caratterizzazione. Passa al primo posto “l’ho.re.ca., con il 36%, al secondo le enoteche (24%), al terzo la vendita diretta (19%) per chiudere con il 3% della Gdo - osserva Stefano Leone - la soglia di prezzo sopra i 25 euro è quella che solitamente definisce i vini di lusso e che mondialmente fattura 24 miliardi di dollari”. Il nuovo canale dell’e-commerce in Italia ancora non è decollato, rappresentando il 2% del mercato nazionale, mentre vale già il 20% in Cina, l’11% in Uk e il 5% in Germania, solo per fare due esempi. “I migliori, penso a Tannico per esempio - continua Leone - ancora non stanno facendo utili.
Dal punto di vista dell’“identikit” del consumatore di vino italiano si tratta in maggioranza di uomini, “di età superiore ai 34 anni, che consumano bottiglie dal prezzo medio di 12,90 euro - afferma il direttore vendite Antinori - e si tratta di 9 milioni di individui. Acquistano vini anche ogni giorno, non si considerano esperti, però al ristorante sono loro a scegliere cosa bere, muovendosi soprattutto su etichette che conoscono. I rossi vengono acquistati soprattutto a denominazione, mentre tra i bianchi è il vitigno ad indirizzare la scelta. Non danno troppa importanza al blasone del produttore, né se le etichette sono fra quelle più citate dalla stampa specializzata”.
Un quadro, dunque, di un mercato “di casa” ancora una volta complicato. Non del tutto vero se “la domanda fondamentale è a quale segmento di questo mercato devo rivolgere i miei obbiettivi - conclude Leone - e se non considero l’obbiettivo di fare un buon vino raggiunto. Oggi, tutti i vini sono buoni, occorre che siano anche capaci di esprimere un carattere e un’identità. Bisognerà saper spiegare questi concetti, ma in questo modo i consumatori sapranno comprare etichette anche ad un giusto prezzo”.

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