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AGROALIMENTARE

Dal campo alla tavola e dallo scaffale al carrello: l’agroalimentare risponde all’emergenza

L’epidemia di Coronavirus non ferma produzione, distribuzione e acquisti, a tremare è la tenuta delle esportazioni dopo un 2019 da record
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Il settore alimentare tra industria e scaffale

Con i soli supermercati e negozi di alimentari aperti, nel pieno dell’emergenza Coronavirus a garantire gli approvvigionamenti sugli scaffali è un’industria dell’alimentare che funziona a pieno regime, capace in gennaio 2020 di segnare una crescita record dei fatturati del +7,9% sullo stesso mese del 2019, come raccontano i dati Istat analizzati da Coldiretti, secondo cui, gli alimentari, insieme ai farmaceutici (+10,8%), sono tra i settori che fanno registrare gli aumenti più consistenti e contribuiscono in misura determinante alla crescita del 3,8% del fatturato industriale in Italia a gennaio. Merito del l’impegno degli oltre 3 3 milioni gli italiani che continuano a lavorare nella filiera alimentare, dalle campagne alle industrie fino ai trasporti, ai negozi e ai supermercati, per garantire continuità alle forniture di cibo e bevande alla popolazione. L’approvvigionamento alimentare, continua la Coldiretti, è assicurato in Italia grazie al lavoro di 740.000 aziende agricole e stalle, 70.000 imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica, nonostante le preoccupazioni per la sicurezza, i vincoli, le difficoltà economiche e gli ostacoli oggettivi all’operatività, dalla ridotta disponibilità di manodopera ai blocchi alle frontiere per i trasporti, con l’88% delle merci che in Italia viaggia su gomma.
Lavoro che si traduce poi negli acquisti in Gdo, raccontati dai dati di Coop, leader di settore con il 14,2% del mercato ed un fatturato di 14,8 miliardi di euro, per il 70% dal comparto food, che ridisegna il carrello degli italiani in tempi di Coronavirus. Dove troviamo prodotti a lunga conservazione, come pasta e cibi in scatola, insieme agli igienizzanti, ormai un must: nelle prime due settimane in cui l’Italia ha iniziato a fare i conti con il Covid-19 (il periodo va dal 24 febbraio all’8 marzo) le vendite hanno registrato così un +12,8% sulla media del periodo. Stando sui generi alimentari, gli italiani stanno costruendo una vera e propria “dispensa dell’emergenza” privilegiando cibo semplice da cucinare, nutriente, pronto all’uso e con una data di scadenza lunga. Due gli ingredienti immancabili che sono aumentati di più rispetto alla media del periodo: carne in scatola (+60%) e farina (+80%) ma anche i legumi, sempre in scatola, hanno fatto un notevole balzo in avanti (+55%). Seguono pasta (+51%) e riso (+39%) ma in rialzo troviamo pure le conserve di pomodoro (+39%), lo zucchero (+28), l’olio da olive (+22%), il latte Uht (+20%), i biscotti (+13%), le confetture (+9%) e le fette biscottate (+17%). Nel freezer di tanti italiani non mancherà il pesce surgelato (+21%) e nella dispensa quello in scatola con il tonno (+26%) che non passa mai di moda. Non è passato inosservato anche il reparto dedicato ai sughi pronti, prodotto in crescita del 22%. C’è chi sale ma anche chi scende. Perché dovendo pensare all’essenziale, i grandi esclusi dal carrello degli italiani sono i “peccati di gola”. In “discesa” troviamo i succhi di frutta (-13%), le bibite (-10%), gli aperitivi (-9%), la birra (-7%), i vini tipici (-3%) e anche quello da tavola (-20%). Negli scontrini appare sempre meno la voce della pasticceria industriale (-12%), le merendine (-5%) e le creme spalmabili (-8%).
Quello che preoccupa, però, è il commercio internazionale, dopo il record storico fatto registrare dal made in Italy agroalimentare all’estero nel 2020 con un balzo delle esportazioni dell’11,3% nel mese di gennaio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dopo che nel 2019 aveva raggiunto il massimo di sempre a 44,6 miliardi. Se la Germania, primo partner con 7,2 miliardi, fa registrare una stagnazione degli acquisti alimentari di prodotti italiani (+0,3%), la Francia - ricorda la Coldiretti - invece vola con un aumento di ben il +7,3% rispetto allo scorso anno, mentre un vero e proprio boom lo fanno segnare gli Stati Uniti con un incremento del +34,8% sulle importazioni alimentari dall’Italia, nonostante l’applicazione di tariffe aggiuntive del 25% su circa mezzo miliardo di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari nazionali come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Provolone, Asiago, Fontina, ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello. Il made in Italy a tavola paga però anche la crisi della Brexit con il Regno Unito, che a gennaio ha ridotto i suoi acquisti del -8,7%.Sul fronte orientale invece - continua la Coldiretti - i prodotti alimentari italiani riprendono fiato in Russia nonostante l’embargo con un incremento del 18% e, ancora più a est, la Cina, ha fatto registrare per il made in Italy alimentare a gennaio un incremento del 19,1%. Ed è proprio da qui, dal primo fronte della crisi Coronavirus, che si dovrà ripartire, aspettando che passi l’emergenza prima in Italia, poi in Europa, quindi nel resto del mondo.

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