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LA RIPARTENZA

Creatività, entusiasmo, responsabilità sociale: la risposta al lockdown dell’alta ristorazione

Nel webinair firmato dal Gruppo Lunelli e Identità Golose le storie di Massimo Bottura, Franco Pepe, Enrico Buonocore e Lorenzo Giannuzzi

Quelli appena passati sono stati mesi molto difficili per il mondo della ristorazione: il lockdown ha infatti messo in ginocchio tantissimi locali, e qualcuno è in difficoltà ancora oggi nella riapertura, con un calo importante della clientela, e tutte le nuove regole “anti-Covid” da seguire. Il settore, però, ha anche bisogno di ricevere un messaggio positivo, di speranza e anche, perché no, di un esempio illustre da seguire, un modello a cui guardare e anche un po’ di spensieratezza: questo, in breve, l’obiettivo del webinair “Identità di Sala - Rinascita: i primi passi”, firmato Gruppo Lunelli e Identità Golose, in diretta sulla pagina Facebook di Ferrari Trento, inaugurata proprio dal “padrone di casa”, Matteo Lunelli, e moderata da Paolo Marchi, che ha visto partecipare quattro grandi nomi della ristorazione e dell’accoglienza: Massimo Bottura, uno degli chef migliori del mondo, tre Stelle Michelin con la sua Osteria Francescana di Modena; Franco Pepe, il pizzaiolo n. 1 d’Italia con la sua Pepe in Grani, e con La Filiale all’Albereta, in Franciacorta, del Gruppo Terra Moretti; Enrico Buonocore, imprenditore milanese a capo di diversi locali, tra cui la “casa madre”, la Langosteria di Milano; e Lorenzo Giannuzzi, a capo dei resort di lusso Forte Village. 4 personalità diverse, 4 storie diverse, con in comune la creatività e l’entusiasmo con cui hanno affrontato il lockdown.
A partire proprio dal tristellato Massimo Bottura,
che durante la chiusura forzata dei suoi ristoranti, ha dato vita ad un appuntamento social seguitissimo, “Kitchen Quarantine”, in cui con la sua famiglia, nella cucina di casa sua, cucinava in diretta piatti tipici della tradizione italiana, con i prodotti dell’orto, con gli avanzi del giorno prima, con il suo inconfondibile stile energico e moderno. “Oggi abbiamo parlato di responsabilità sociale verso il team che lavora con noi, e per me è una cosa fondamentale: per questo ho deciso di chiudere una settimana prima delle disposizioni governative. Allo stesso modo ho aspettato il 2 giugno per riaprire, per essere sicuro in primis di proteggere i miei collaboratori. E nonostante la presenza degli stranieri manchi, abbiamo sempre il ristorante pieno, grazie alla clientela locale: tantissime persone, che trovavano sempre tutto pieno, sono riuscite a prenotare, dal vicino di casa fino agli appassionati che arrivano da Regioni lontane, hanno colto l’occasione per provare la nostra cucina, e di questo sono molto felice”.
Responsabilità sociale, che ha sentito anche Franco Pepe, di Pepe in Grani, che durante il lockdown non ha mai spento il suo forno: “con due ragazzi del mio staff, abbiamo vissuto in pizzeria, sfornando e consegnando pane e pizza ai senzatetto”. Ma quel che è rimasto di quel periodo, è soprattutto la spinta ad offrire al cliente un’esperienza completa: “devo ammettere di aver avuto molta paura durante i mesi di lockdown - ammette il pizzaiolo - e ho dovuto ripensare l’offerta al cliente, investendo per il futuro, proprio durante la quarantena. In un paese come Caiazzo, di 5.000 anime, è stato molto difficile: Pepe in Grani registrava circa 12-13 nazionalità diverse al giorno, e mettevamo a tavola fino a 13.000 persone al mese. Quindi non ho nemmeno puntato sul delivery o l’asporto, perché la maggior parte della mia clientela arriva da fuori. Così ho aspettato il 2 di giugno per riaprire: in quei giorni abbiamo portato a Caiazzo circa 11.000 persone”. Delivery che, invece, è stata la chiave del successo in lockdown della Langosteria: “in questo periodo di lockdown ho mangiato molto di più a casa, e spesso ordinando in food delivery. E quello che ho notato è stato che il cibo arrivava in modo diciamo approssimativo: scomposto, mal impiattato, trascurato. Da qui l’idea - spiega Enrico Buonocore - di perfezionare la consegna a domicilio, puntando sulla garanzia dell’esperienza, che potesse assicurare al consumatore di avere la Langosteria a casa. Così abbiamo iniziato ad analizzare il packaging, e abbiamo ragionato su come preparare i piatti in modo che fossero coerenti con il nostro menù ma adattabili al delivery: abbiamo deciso di dividere i piatti in più dettagli, in modo che il cliente si sentisse anche protagonista della preparazione, con la scelta dell’utilizzo del vetro, l’unico modo per mantenere la temperatura del prodotto, con eleganza. E abbiamo dato la possibilità di restituirlo”.
Storia diversa, ma sempre con protagonista lo spirito di iniziativa e la creatività, quella di Forte Village, raccontata dal managing director Lorenzo Giannuzzi: “la situazione per fortuna si è sbloccata, ma per noi mancano ancora due collegamenti aerei fondamentali con la Sardegna, dall’Inghilterra e dalla Russia. Così ho organizzato dei voli privati, in accordo con Lufthansa. E poi ho ragionato su come propormi sul mercato per far in modo di garantire sicurezza a chi viene in vacanza a Forte Village, organizzando anche un triage all’interno della struttura”.
E per il futuro? Cosa ci si può portar dietro dall’esperienza del lockdown? “Sicuramente l’umanità” per Franco Pepe, che sottolinea come “questo periodo ci ha fatto riflettere tutti sul futuro, su cosa è importante portare con se e cosa lasciare indietro. Nel caso della mia pizzeria, ciò che stiamo sviluppando è il lato esperienziale, con l’attenzione al cliente e l’offrire a chi viene, anche da lontano, momenti che rimangano unici, dal cocktail di benvenuto al tavolo per l’attesa, dalle novità in menù fino alla disponibilità dello staff”.
La chiave, invece, per Enrico Buonocore, è l’uso degli spazi aperti e dei dehors: rispondendo ad una domanda di WineNews, su come l’utilizzo e il recupero degli spazi esterni sia un’ottima soluzione, ma da riadattare una volta che la bella stagione sarà finita, il patron della Langosteria ha evidenziato come “ancora questo sia un momento in cui ancora si guarda ad un futuro relativamente lontano, stiamo cercando ancora di capire come ci muoveremo. Sicuramente in una città come Milano il verde non è facile da sfruttare, ma i dehors sono sicuramente una risorsa da sfruttare. In Langosteria, abbiamo usato il verde e la natura come divisori tra i tavoli, anche negli spazi interni, per alleggerire un po’ l’atmosfera che davano i classici pannelli in plexiglass, e rendere il locale sia sicuro che spensierato e divertente”. Su come, invece, la gestione della cantina, cambierà in futuro, sempre su domanda Winenews, lo chef Massimo Bottura, invece, ha spiegato che “si darà ancora più importanza al nostro territorio ed ai nostri prodotti. L’esperienza dell’Osteria Francescana sarà la stessa di prima, nel piatto e nel calice: il mio sommelier Giuseppe Palmieri, ha carta bianca sulla scelta dei vini da mettere in cantina, ma sicuramente - evidenzia lo chef tristellato - un occhio di riguardo ancora più importante sarà verso gli straordinari prodotti che abbiamo in Italia, che ha una ricchezza in termini di biodiversità unica al mondo”. E, conclude, sottolineando che “adesso che il momento delle lacrime è finito, è ora di uscire e portare fuori nuovi format, attraverso la nostra creatività tirar fuori delle idee per ripartire, dando spunto e aiuto a chi è in difficoltà, come tanti giovani che si sono trovati a veder sfumare i propri progetti. Noi personaggi che abbiamo visibilità abbiamo la responsabilità sociale di ripartire, prendendo per mano chi ha avuto meno fortuna”.

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