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ECONOMIA

Parmigiano Reggiano più forte del Covid: +6,1% in Italia e +11,9% all’estero nel primo semestre 2020

Il presidente Nicola Bertinelli: “il Consorzio ridurrà ulteriormente le quote di produzione che sono stata stabilite per il triennio a venire”
EXPORT, MADE IN ITALY, PARMIGIANO REGGIANO, Non Solo Vino
Nonostante Pandemia e Dazi, bene il Parmigiano Reggiano nella prima metà del 2020

Buone notizie per il Parmigiano Reggiano, uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy agroalimentare, che, nonostante il Covid e le incertezze sui mercati internazionali causate dalla pandemia, ha chiuso il primo semestre 2020 con il segno positivo, sia in Italia che all’estero. I dati emergono da un’analisi del Consorzio Parmigiano Reggiano e del Centro Ricerche Produzioni Animali (Crpa) e mostrano in Italia un aumento complessivo delle vendite pari al 6,1% (34.200 tonnellate contro le 32.000 del semestre precedente). All’estero, invece, l’export è cresciuto dell’11,9% grazie alle oltre 27.000 tonnellate di prodotto che nei primi sei mesi del 2020 hanno superato i confini italiani per raggiungere le tavole di tutto il mondo. Per l’export, cambia anche la geografia di distribuzione di uno dei formaggi più famosi del globo: nel primo semestre 2020, il primo mercato è stato la Germania (quota 19,6% su totale export), seguito da Francia (19,5%) - fino ad ora primo mercato dopo l’Italia - Usa (18,2%), Regno Unito (13,5%) e Canada (5%). L’Europa cresce complessivamente del +12,5% con incrementi notevoli per Paesi Bassi (+31,6%), Belgio (+31,3%), Germania (+16%), Regno Unito (+15,1%) e Francia (+7,2%). Un trend che riguarda anche l’extra-Ue che registra un +11,9% trainato dalle performance positive di Canada (+153,9%), Area del Golfo (+50,5%), Cina (+37,2%) e Norvegia (+35,8%). Con il “segno meno” in Europa troviamo Grecia (-14,6%) ed Austria (-13,3%) e, fuori dall’Ue, Australia (-25,8%), Giappone (-3,2%) e Usa (-1,6%, e qui pesano anche i dazi sui prodotti agroalimentari Ue che colpiscono anche i formaggi italiani, ndr), flessioni legate principalmente alle incertezze sui mercati dovute al virus. Un altro dato interessante riguarda il formato preferito dai consumatori all’estero. I buyer acquistano perlopiù porzionati e grattugiati che crescono rispettivamente del 14,7% e del 14,2%, mentre calano le forme intere che registrano una flessione pari al 5,9%.
“Anche in questo momento di crisi e incertezza - è il commento di Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano - il mercato ci ha premiato. I dati dimostrano come la marca forte e ben posizionata verso il consumatore sia stata il vaccino migliore per arginare gli impatti commerciali del Covid. Ora serve collaborazione di tutti per tutelare il prodotto ed evitare i rischi legati ad un autunno molto incerto sia in Italia che all’estero. Nel primo semestre 2020 abbiamo registrato una crescita in Italia pari al +6,1% e un incremento delle esportazioni pari all’11,9%, un dato estremamente positivo che arriva in un momento difficile per il nostro comparto. Ricordiamo - aggiunge Bertinelli - che il Parmigiano Reggiano ha ottenuto ottime performance in termini di vendite, ma che sta anche soffrendo di un eccesso di offerta che ha causato un calo dei prezzi ed una conseguente riduzione della remuneratività per le nostre aziende produttrici”. Bertinelli passa poi ad illustrare le strategie messe in campo dal Consorzio.
“Ci stiamo dando da fare per rispondere prontamente alla crisi. Le misure che abbiamo adottato sono sostanzialmente tre. In primo luogo, il Consorzio acquisterà dai suoi 335 caseifici fino a 320.000 forme (160.000 dell’ultimo quadrimestre 2019 e 160.000 del primo quadrimestre 2020) così da riequilibrare il mercato. Le forme saranno conservate nei magazzini, fatte stagionare più a lungo e reimmesse progressivamente sul mercato quando sarà possibile ottenere una remunerazione adeguata al prodotto. Non è la prima volta che il Consorzio interviene per ritirare le forme al fine di alzare le quotazioni: era già successo nel 2014-2015. La novità è che ora il Consorzio non si limiterà a ritirare le forme dal mercato, ma ridurrà ulteriormente le quote di produzione che sono stata stabilite per il triennio a venire”.

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