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FOCUS

Mercati emergenti, finanza, e-commerce, turismo: così il vino esce dalla crisi

Nel report di Repower per Il Sole 24 Ore, il decalogo per il post-Covid del vino italiano. Che nel 2020 rischia perdite per 4,7 miliardi di euro
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Il vino affronta la crisi

Superata l’emergenza sanitaria, la crisi Coronavirus impone uno sforzo collettivo per uscire da quella economica, che riguarda praticamente qualsiasi tipologia di consumo. Ma in modo particolare, come abbiamo ripetuto tante e tante volte in questi mesi, tutti quei prodotti legati al fuori casa, a partire quindi dal vino. Ricordando sempre che la bottiglia è il risultato di un’industria che genera un’economia da 12 miliardi di euro. Ecco perché, tra gli 8 focus dedicati ai settori produttivi più importanti del Belpaese della ricerca “PMI. La ripresa post-Covid in 8 focus”, affidata da Repower a “Il Sole 24 Ore” e Infodata, ce n’è uno dedicato all’enoindustria. Settore che, ricorda la ricerca, con i 50 ettolitri di vino prodotti nel 2019, vale 7,2 miliardi di dollari sui mercati esteri, mentre in Italia la quota di wine lover arriva al 54% dei consumatori. A causa dell’emergenza Covid, però, si stima una contrazione di ricavi di circa 4,7 miliardi di euro per il 2020, ma una ripresa piena già nel 2022. La risposta, potrebbe passare per il potenziamento dei canali online, gli investimenti in sostenibilità e puntare sull’identità del prodotto.
Andando nel dettaglio dell’analisi di Repower, e partendo dalle premesse,
lo scoppio della pandemia ha comportato una contrazione della domanda legata soprattutto al canale di consumo out-of-home, che da solo rappresentava i tre quarti del mercato nazionale, e difficoltà logistiche temporanee per la consegna degli ordini all’estero. La preoccupazione principale risiede nella solvibilità dei clienti (in particolare quelli legati ai settori più colpiti della crisi quali i pubblici esercizi e il turismo e in generale a tutto il consumo che non passa attraverso la distribuzione organizzata). Un’ulteriore fonte di incertezza è data dalla tenuta dei mercati internazionali, fondamentali per la nostra economia. In particolare, desta attenzione quello statunitense, nonostante i dati dei primi cinque mesi del 2020 siano tranquillizzanti, con un calo a valore contenuto in un -0,5%.
Passando alle dolenti note, le prime stime sulle perdite del settore parlano già di due miliardi di euro di ricavi in meno nel 2020 nel solo periodo da marzo a maggio e, secondo la previsione di Statista, tale forbice si allargherebbe fino a 4,7 miliardi con il consuntivo dell’anno corrente. La domanda, secondo la stessa indagine, dovrebbe tornare a correre per superare il valore del 2019 in un paio d’anni e attestarsi, nel 2024, a oltre 25 miliardi di ricavi. Le preoccupazioni degli operatori, tuttavia, restano elevate e una parte della produzione invenduta è destinata a prendere la strada della distillazione.
Sul lato del marketing, invece, conforta che alcune delle principali fiere di settore in Italia, che rappresentano un’importante occasione commerciale per tutta la filiera, non siano state cancellate, ma soltanto posticipate. Il Vinitaly, la manifestazione più importante per il wine business in Italia e tra le principali al mondo, è stata però rinviata soltanto al 2021. Il canale distributivo online verso il consumatore finale, al pari di quasi tutti i settori, ha conosciuto un vero e proprio boom, che si sta continuamente consolidando. Un sintomo sulla fiducia per il futuro è stata l’acquisizione da uno dei più grandi player mondiali del settore degli spirits, Campari, del 49% delle quote dell’online store Tannico, con un’opzione per rilevarla interamente in futuro. Inoltre, fortunatamente, non mancano innovazione e sperimentazione per recuperare il contatto diretto con i clienti finali che da sempre caratterizza l’intero settore.
Come si legge ancora nel rapporto di Repower, motivi di ottimismo ce ne sono, perché la filiera vitivinicola, abituata a fluttuazioni inattese delle produzioni, dei prezzi e della domanda è più attrezzata di altri settori per affrontare questa fase dell’economia. Rimettere al centro la propria identità e la propria italianità potrebbe essere un motivo per rinsaldare il legame con i consumatori che in questa fase cercheranno di tornare a prodotti, marchi ed etichette che sono conosciute e sentono come più vicine.
Quindi, un’attenta valutazione del proprio portafoglio di clienti e le condizioni dei rispettivi mercati di sbocco potrebbe rendersi necessaria sia per orientare la produzione, nei margini consentiti, verso i gusti e le richieste dei segmenti più promettenti. Inoltre, occorre valutare la strategia per minimizzare i rischi di insolvenza degli intermediari e dei loro clienti finali che potrebbero avere riflesso sui conti delle imprese.
E ancora, pensare a utilizzi alternativi rispetto alla vendita per le eccedenze (ad esempio la distillazione o, per le produzioni di maggiore qualità e valore, l’aumento delle scorte) consentirebbe di attivare nuovi ricavi nel breve periodo oppure avere una disponibilità di prodotto per quando il mercato tornerà a crescere. La finanza alternativa, anche attraverso forme di raccolta diretta innovativa (si pensi alle iniziative di crowdfunding), potrebbe ovviare nel breve periodo a eventuali problemi di liquidità, dati dal ritardo nel pagamento o di cancellazione di ordini.
Una buona occasione per trasformare la crisi della Covid-19 in opportunità è la possibilità di sperimentare l’ingresso in nuovi mercati, soprattutto emergenti, con una strategia che tenga conto delle notevoli differenze, non solo di gusto ma anche culturali, che ciascun Paese rappresenta.
Una spinta al digitale potrebbe rivelarsi fondamentale: dall’incremento delle vendite dirette (che permetterebbe di aumentare i margini) tramite e-commerce (Winelivery, leader nazionale del settore, ha registrato +50% nelle consegne durante il lockdown) alla costruzione di comunità che ruotino attorno al proprio brand. La diversificazione dei ricavi potrebbe essere ulteriormente potenziata, ad esempio con lo sfruttamento dell’offerta turistica di territorio che in estate e in autunno 2020 (ma la tendenza potrebbe invece consolidarsi in futuro) vede in forte crescita il movimento dei consumatori più vicino ai propri luoghi di residenza e in posti meno affollati.
Le vicende che hanno generato nel recente passato le tensioni politiche sul commercio internazionale vanno valutate con estrema attenzione, unitamente al processo di abbandono dell’Unione Europea da parte del Regno Unito. Due partner commerciali fondamentali per l’Italia, come gli Usa e la Gran Bretagna, potrebbero introdurre nuovi dazi sui vini italiani, anche e soprattutto se le condizioni economiche interne dovessero risultare particolarmente deboli a causa della Covid-19. Che sia un Prosecco oppure un Brunello, un’adeguata strategia delle imprese italiane potrà portare sulle tavole di tutto il mondo il vino giusto per festeggiare la fine dell’emergenza Coronavirus.

Focus - Il decalogo della ripartenza
1. Valutare attentamente la composizione del proprio portafoglio clienti e ordini per ridurre per quanto possibile rischi d’insolvenza. Concentrarsi nelle aree geografiche e nei settori più promettenti con un’offerta adeguata alla domanda. Porre attenzione alle tensioni internazionali, ed in particolare alla esposizione verso Stati Uniti e Regno Unito.
2. Investire in sostenibilità, creando contenuti e canali di comunicazione per valorizzare queste scelte, sempre più al centro delle aspettative dei consumatori.
3. Sviluppare o potenziare il commercio ed il marketing online, con propri canali o tramite piattaforme di terze parti, poiché la tendenza agli acquisiti elettronici dovrebbe consolidarsi e ulteriormente ampliarsi anche in futuro.
4. Diversificare la fonte di ricavi puntando, ad esempio, sul turismo di prossimità ampliando la gamma di servizi offerta ai visitatori, come ad esempio il servizio di ricarica per le auto elettriche e le biciclette a pedalata assistita. Sviluppare una propria comunità di clienti come micro influencer.
5. Utilizzare ogni opportunità che la finanza offre per ottimizzare i flussi di cassa, anche attraverso forme innovative di accesso al credito e al finanziamento: dai futures sulla produzione ai prestiti green passando per il crowdfunding.
6. Valutare l’ampliamento del numero dei mercati di sbocco, in particolare verso i paesi con i quali vige un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, diversificando i rischi se l’export o i settori fossero troppo concentrati.
7. In comunicazione, puntare sulla tradizione e l’identità del prodotto, facendo così leva sulla reputation agli occhi dei consumatori, rispetto ad un “migliore ignoto”. C’è da attendersi, infatti, come nelle crisi del passato, un ritorno ai valori tradizionali di periodi precedenti “positivi” nelle scelte di consumo. Questo potrebbe condizionare, ad esempio, l’identità e la relativa comunicazione di brand, prodotto e packaging.
8. Cercare di sviluppare, nel breve periodo, il canale di consumo domestico rispetto all’out-of-home.
9. Puntare su produzioni di qualità per differenziarsi dalla crescente concorrenza internazionale che potrebbe entrare sui mercati con offerte aggressive sul prezzo grazie a minori costi e prodotti meno conosciuti e maturi.
10. Analizzare il proprio modello di business e puntare sull’innovazione tecnologica per avere sotto controllo i propri costi operativi e massimizzare l’efficienza della propria filiera produttiva.

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