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DATI E TREND

Il 2020 degli spumanti italiani tra produzione e mercati, cercando la ripresa dei consumi

L’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (Uiv): il commercio mondiale degli sparkling ha perso il 9%, a 6,6 miliardi di dollari
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Il 2020 della spumantistica

Poco più di 750 milioni di bottiglie, di cui oltre 600 milioni a denominazione di origine, con una propensione all’export di oltre il 70%. Da una parte il Prosecco, che, da solo, fa oltre la metà del totale e i due terzi delle Do e Ig, e all’estremo opposto l’80% di denominazioni che non superano i 2.000 ettolitri di imbottigliato, per un quantitativo che rappresenta solo l’1% del totale. Una produzione fondamentalmente sbilanciata sui bianchi, con solo il 4% del totale in rosa e numeri ancor più piccoli per i rossi, concentrati per lo più in piccoli areali e in denominazioni “bandiera”. E ancora, l’utilizzo di una varietà enorme di vitigni: oltre alla Glera, base dei Prosecchi, e agli internazionali come Chardonnay e Pinot Nero, da cui nasce la stragrande maggioranze dei metodo classico, sono protagonisti i vitigni autoctoni come Lambruschi, Trebbiani, Moscati, Falanghine, Grechetti, Malvasie, Grillo, Nero d’Avola, Negroamaro e Vermentini, che raccontano come la corsa agli spumanti, trainata dal successo planetario del Prosecco, coinvolga ormai tutto lo Stivale. Ecco la fotografia allo spumante italiano, scattata dall’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (Uiv) e pubblicata dal “Corriere Vinicolo”.
Nel 2020 - come si legge nell’articolo de “Il Corriere Vinicolo” - il commercio mondiale di spumanti ha segnato una brusca battuta d’arresto: i valori dei vini importati sono calati del 9%, a 6,6 miliardi di dollari, mentre i volumi sono scesi del 5%, a poco più di 8,3 milioni di ettolitri. Andò persino peggio nel 2009, anno della grande bolla finanziaria che fece precipitare il commercio mondiale delle bollicine del -30%, a 4 miliardi di dollari, e anche nel 2015, quando gli spakling persero il 10% rispetto all’anno precedente, a seguito del crollo di alcuni dei maggiori mercati di importazione: Uk, Germania, Giappone e Belgio. Il mercato, in ognuno di questi scenari, ha dimostrato di saper ripartire, anche se nel 2009 il Prosecco sui mercati internazionali era ancora una novità, e fu proprio il suo boom a determinare la crescita inarrestabile fino al 2014, con lo sfondamento di quota 6 miliardi di dollari di valore. Anche la ripartenza post 2015 era legata al Prosecco, le cui importazioni in UK e Usa portarono il totale del valore degli scambi a superare i 7 miliardi di dollari per due anni consecutivi, 2018 e 2019.
Il calo dell’ultimo anno, continua l’analisi dell’Osservatorio del Vino di Unione Italiana Vini (Uiv), ha qualcosa di diverso
: vero che a determinare la più forte erosione di valore è stato il Covid, che ha impattato le vendite di Champagne su tutti i mercati, ma è altrettanto vero che attendersi una nuova ripartenza come è stato negli anni precedenti può essere un azzardo. A guardare i dati di crescita cumulata degli ultimi tre quinquenni, appare chiaro come il mercato delle bollicine abbia ormai trovato la sua sostanziale stabilità: dal +16% del quinquennio 2003/08 si è scesi al +9% di quello successivo, per stabilizzarsi al +3% del periodo 2015/20. Probabilmente, nei prossimi anni, si assisterà a una crescita orizzontale, ovvero a un allargamento dei mercati - nuovi o inesplorati - piuttosto che a una crescita ulteriore su quelli maturi, dove i big del settore si contenderanno vicendevolmente quote di mercato, non riuscendo a crescere ancora.
Il 2020 è stato un anno di forte criticità anche per i tre colossi della spumantistica mondiale. Se considerassimo Prosecco, Cava e Champagne come un unico prodotto, la potenza espressa in bottiglie sarebbe pari a 660 milioni, il 60% del totale export mondo, per un valore di 3,9 miliardi di euro, ovvero il 70%. S
ul lato valore la perdita è stata di 670 milioni di euro, mentre i volumi sono risultati stabili (-1%), con Prosecco e Cava che hanno compensato la perdita del 17% dello Champagne che, ovviamente, resta al top a valore, con 2,5 miliardi di euro e una quota del 64%, mentre a volume il protagonista è il Prosecco, con 371 milioni di bottiglie, pari al 56% del totale delle tre denominazioni leader. Se lo Champagne è l’unico che ha perso anche in volume, sul lato valore le percentuali negative hanno coinvolto anche Prosecco e Cava: a livello di totale export, il Prosecco ha chiuso il 2020 al -3%, mentre gli spagnoli sono arrivati al -8%, per chiudere con il sonoro -20% dei francesi.
Sui rispettivi primi tre mercati di sbocco, le percentuali sono negative per tutti e tre, con il Prosecco che fa -8% cumulato in Uk, Usa e Francia,
dove comunque cresce del 5%. Per il Cava i primi tre (Germania, Belgio e Usa) portano ad una perdita del -16% e per lo Champagne del -26% (Usa, Uk e Singapore). C’è da sottolineare, però, che le prime tre destinazioni per il Prosecco fanno il 60% del valore totale, contro valori attorno al 40% per gli altri due spumanti, quindi la negatività espressa in cima alla piramide è relativamente più preoccupante.

 

 

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