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IL RE DELLA TAVOLA

Il tartufo bianco sconta la siccità: quantità al lumicino e prezzi alle stelle

Fino a 6.000 euro al chilo, secondo gli esperti riuniti dall’Accademia del Tartufo nel Mondo. Centinaio: a novembre tavolo sul turismo agroalimentare
ACCADEMIA DEL TARTUFO NEL MONDO, GIANMARCO CENTINAIO, TARTUFO BIANCO, TARTUFO NERO, URBANI TARTUFI, vino, Non Solo Vino
I prezzi del tartufo nella campagna 2021

Sarà un annus horribilis per “Sua Maestà” il Tartufo Bianco. Complice la stagione siccitosa, 700 litri d’acqua in meno per metro quadrato caduti nelle zone di raccolta, sarà disponibile appena il 10% del prodotto dello scorso anno, con la previsione di prezzi destinati a volare fino a 5-6.000 euro al chilo, ovvero il doppio e in qualche caso anche il triplo del 2020. A dipingere il quadro - nero - per il re della tavola, i massimi esperti del settore, riuniti a Roma, ospiti di Cia - Agricoltori Italiani, per iniziativa dell’Accademia del Tartufo nel mondo, con la partecipazione del Sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole, Gianmarco Centinaio. All’avvio di stagione, il quadro nazionale tra le regioni più rilevanti, ovvero Piemonte, Toscana, Marche e Umbria, già presenta molte criticità, con le quotazioni della Borsa di Acqualagna che, al momento, danno a 2.000 euro al chilo la pezzatura 0-15 grammi, a 3.200 quella da 15-50 grammi e a 4.000 oltre i 50 grammi.
“Ogni 7-12 anni c’è una stagione così nera, e questa stagione si chiama 2021, purtroppo. Certamente - ha osservato Francesco Urbani, della storica azienda umbra Urbani Tartufi presente sul mercato da fine Ottocento - quest’anno il tartufo non sarà per tutte le tavole e per tutte le tasche. Per il tartufo nero, anche se il problema mancanza di acqua riguarda tutto il tartufo, le cose vanno un po’ meglio - aggiunge Francesco Urbani - perché, a differenza del bianco, è coltivabile, abbiamo le nostre piantagioni, quindi possiamo attestarci su prezzi più bassi, intorno ai 600-700 euro per il tartufo nero invernale”. Proprio per ovviare a una carenza che si fa via via sempre più sentire a causa dei cambiamenti climatici e dei comportamenti irresponsabili di cercatori improvvisati di tartufo che rovinano i terreni, Francesco Urbani e suo fratello Luca hanno creato l’azienda Truffleland a favore della diffusione delle piantagioni. Un’ attività che ha spinto la realizzazione della “Filiera umbra del Tartufo”, che dal 15 ottobre vedrà 150 aziende agricole mettere a dimora, su 200 ettari complessivi, piante tartufigene grazie ai finanziamenti della Regione Umbria e di banche collegate. “L’idea - racconta a WineNews Francesco Urbani - l’abbiamo avuta mio fratello ed io e ora la vediamo compiuta. Noi compreremo il tartufo e lo venderemo in tutto il mondo come tartufo umbro certificato. Le prime piantine saranno interrate in queste stagioni e fra cinque anni avremo i primi tartufi da mettere in vendita”.
“Erano anni che non ricordavamo una stagione così povera di prodotto - ha commentato Olga Urbani, a capo della Urbani Tartufi - Ѐ un vero peccato, la domanda è altissima, i mercati cercano il Bianco e, incredibilmente, più degli anni passati, forse anche per un desiderio di rinascita post Covid. Dover rispondere di non averne è davvero difficile. Per questo motivo ritengo che l’iniziativa dell‘Accademia del Tartufo nel Mondo, assuma un tono ancor più importante. Nei momenti bui va, infatti, trovata una soluzione e noi riteniamo di trovarla in Truffleland, unica salvezza per le lacune di un prodotto così incredibile e ineguagliabile”.
Il Sottosegretario alle Politiche Agricole Gianmarco Centinaio, che tra le sue deleghe ha quella del vino e del tartufo, ha sottolineato il protagonismo di questi due prodotti nel made in Italy a tavola, osservando che
“il tartufo è il re della tavola tricolore e il vino il suo ambasciatore. Quello che però ci manca sui mercati esteri, a differenza per esempio dei nostri cugini francesi - ha aggiunto Centinaio - è la capacità di fare storytelling di questi prodotti”. Considerato che verso l’Italia si registra una crescita consistente del turismo enogastronomico, Centinaio si sta attivando con il Ministero del Turismo per la creazione di un tavolo interministeriale che dovrebbe partire entro novembre. “Sarà un tavolo sul turismo agroalimentare - anticipa Centinaio a WineNews - l’idea è che sia un tavolo abbastanza elastico, se ci sono questioni governative le si affronta in modo governativo, altrimenti è possibile un allargamento ai rappresentanti dei due settori”.

Il presidente dell’Accademia del Tartufo nel mondo, Giuseppe Cristini, ha sottolineato come sia importate favorire ulteriormente la promozione internazionale del pregiato fungo ipogeo: “da qui - ha detto Cristini - dovrà nascere una grande Accademia sensoriale per il riconoscimento organolettico di tutte le tipologie di tartufo edibile, e pensiamo anche a un grande Collegio Accademico dei migliori esperti e scienziati, per promuovere una ristorazione al tartufo tutto l’anno, partendo anche dalle giovani leve degli Istituti Alberghieri. Poi, conterà molto investire sul turismo, accelerando la ripresa insieme ai ristoratori in occasione di Expo Dubai”.
A proposito di ristorazione, uno dei punti di forza del tartufo, in tutte le sue declinazioni, è quello di poter essere abbinato ad una gamma ampissima di vini, anche in base a come viene utilizzato il tartufo nel piatto, come racconta a WineNews Antonio Donato, direttore generale delle Tenute del Cerro.
“Direi che sui piatti al tartufo più semplici, come l’uovo o i tagliolini al burro, andiamo su vini bianchi con una buona complessità di profumi, non troppo strutturati, quindi un buon Riesling piuttosto che un buon Vermentino o un Fiano di Avellino. Se guardiamo invece all’abbinamento di tartufo con carne e cacciagione, sicuramente indico un vino con una buona complessità, ma non troppo strutturato, quindi un Chianti, un rosso di Montalcino o di Montepulciano. Per l’abbinamento del tartufo con cibi più forti e pepati anche un buon Brunello, Barolo o Amarone ci stanno bene. Se poi parliamo di abbinamento del tartufo a fritti o grassi, sicuramente la sua morte è una buona bollicina, un metodo classico, come il Franciacorta o il Trentodoc, perché ha delle caratteristiche di piacevolezza che si abbina molto bene alla struttura importante del tartufo”
“Nel tartufo - aggiunge il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino - c’è molto di più di una sola storia da raccontare e promuovere. Al mondo della ristorazione internazionale affidiamo, infatti, con le pepite, il legame tra tartuficoltura e attività agricola, la grande biodiversità dell’agroalimentare tricolore e, soprattutto, la rinascita delle aree interne, quei borghi che sempre di più stanno richiamando l’attenzione di investitori e turisti stranieri”.

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