La “De naturali vinorum historia” di Andrea Bacci è la prima guida del vino italiano della storia, un’opera monumentale nella quale, in ben sette volumi, uno dei più importanti eruditi del Rinascimento, filosofo, medico e scrittore, tratta ogni aspetto legato alla produzione di vino ed al suo consumo. Nella sua opera enciclopedica il Bacci, essendo un neogeorgico, legato cioè alla corrente culturale degli autori classici latini come Plinio Il Vecchio e Columella, di cui era profondo conoscitore, ma attento alla produzione scientifica contemporanea di Girolamo Mercuriale, Sante Lancerio e Cristofaro di Messimburgo con i quali dialogava, dà più importanza ai territori che ai vitigni, ovvero al “terroir”, con particolare attenzione alle Marche e al Piceno, la sua terra natale, Sant’Elpidio a Mare (1524 , che, all’epoca, faceva dello Stato Pontificio). Un precursore, autore della prima enografia italiana e della prima classificazione dei territori più importanti dell’Italia del vino, ma anche d’Europa, che risale al 1596, anno di pubblicazione, a Roma, dell’opera scritta in latino e dedicata al suo potente protettore, il Cardinal Ascanio Colonna.
L’occasione per i ricordarlo, sono i 500 anni dalla sua nascita, celebrati, nei giorni scorsi, nella sua Sant’Elpidio a Mare, nel Convegno “Da Andrea Bacci all’innovazione oggi in vitivinicoltura”, promosso, a Villa Il Castellano, da Assoenologi, con gli interventi, tra gli altri, del presidente Assoenologi Marche Giuliano D’Ignazi, Gianni Pasquale, presidente Assoenologi Abruzzo e Molise, Alessio Pignotti, sindaco Sant’Elpidio a Mare, Angelo Serri, direttore Tipicità, i professori Vania Lanari (viticoltura), Gianfranco Romanazzi (protezione della vite dalle malattie, e Maurizio Ciani (microbiologia enologica), l’enologa Deborah Pacetti, Alberto Mazzoni, direttore Imt-Istituto Marchigiano Tutela Vini, e di Alessandro Regoli, direttore WineNews, con le conclusioni di Riccardo Cotarella, presidente Assoenologi.
Riflettendo sull’importanza dell’opera del Bacci, insieme anche al professor Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo, come WineNews, abbiamo sottolineato come “la storia ci dà indicazioni per leggere il futuro, e noi ci siamo messi a cercarle tra le migliaia di pagine che ha scritto”. L’opera del Bacci, infatti, è anche una guida al consumo di vino, che tratta temi oggi di grande attualità come il rapporto tra il vino salute e l’abbinamento tra il vino e la cucina. “Ciò che mi colpisce di Andrea Bacci - ha detto, nel suo intervento, il direttore Alessandro Regoli - è il fatto che, in quanto archiatra pontificio, ovvero il medico del Papa, scrisse la sua opera monumentale per fornire a Sisto V i vini più adatti per la sua dieta e, come si faceva nel Rinascimento, parlando del rapporto tra consumo di vino ed effetti sulla salute, delle capacità nutritive del vino, sia per i sani che per i malati, e delle conseguenze dell’ubriachezza. Aspetti a cui dedica un intero libro, il terzo. All’epoca del Bacci il consumo di vino era elitario, non quotidiano, ed, essendo un medico, il Bacci considerava il vino non solo un alimento, ma anche per le sue proprietà nutraceutiche per le quali raccomandava un vino piuttosto che un altro al Papa, addirittura per digerire o per urinare. E anche l’abbinamento con il cibo era una questione dietetica ed alimentare, l’altro argomento a cui dedica un altro libro, con particolare attenzione ai modi di servirlo”. In particolare, nel primo libro riferisce le notizie degli antichi, come si faceva una volta e come si fa ora il vino, le varietà di uva e dei vini compreso il vino passito, il vino cotto e la sapa; nel secondo libro esamina le caratteristiche e le diversità a seconda dei modi di coltivare, della qualità dei terreni e dei climi; nel terzo le facoltà e degli effetti del vino nell’alimentazione e nella medicina; nel quarto racconta dettagliatamente i convivi degli antichi; nel quinto, passa in rassegna tutti i vini d’Italia provincia per provincia; nel sesto e nel settimo, infine, i vini d’Europa.
Andrea Bacci si può considerare un erudito contemporaneo che ha anticipato i tempi: a lui, come a Sante Lancerio, il bottigliere di Papa Paolo III, e non solo, si sono ispirati tutti coloro che hanno scritto le più importanti opere sul vino nei secoli successivi, come Giovanni Dalmasso e Arturo Marescalchi con la loro “Storia della vite e del vino in Italia”, ma si potrebbero citare molti altri, come anche il senatore Paolo Desana, “padre” delle Doc italiane, promotore del disegno di legge 930/1963 che le ha istituite, fino a Mario Soldati e Luigi Veronelli, i maestri per chiunque faccia, oggi, giornalismo enogastronomico, che, con le loro “degustazioni di paesaggio”, hanno fatto capire al grande pubblico e spinto i produttori a credere che il vero valore aggiunto dei vini sono i territori.
In un momento come quello attuale in cui il vino è diventato come qualcosa di slegato dal cibo, in cui gli si preferiscono altre bevande o che viene consumato solo in particolari occasioni, da questi personaggi che hanno segnato la storia del vino italiano, arriva un messaggio importante per rilanciare il consumo di vino soprattutto tra i giovani, che si stanno allontanando dal suo consumo, che sono i più attenti agli aspetti salutistici e non più abituati a bere ai pasti, perché non hanno più la cultura alimentare di una volta. “Normale che sia così, non si deve tornare al passato, ma dal passato dobbiamo trarre ispirazione per il futuro - ha detto il direttore Alessandro Regoli - e io vedo che i giovani di oggi sono comunque desiderosi di conoscere ed entrare in contatto, per esempio, con i luoghi di produzione del vino, con la loro storia, con la loro cultura, con la loro natura, con le loro comunità, che sono le stesse classificate da Andrea Bacci più di cinque secoli fa, dopo avervi viaggiato”.
Per WineNews la comunicazione soprattutto del vino, specie a seconda di chi abbiamo davanti, deve usare linguaggi, metodi e strumenti più attuali e contemporanei, seri ma anche divertenti, simpatici, interessanti, ma non esclusivi. Comunicatori ed esperti devono andare oltre le classiche degustazioni - o masterclass, se preferite - in cui si parla solo delle caratteristiche organolettiche di un vino, con parole che vanno a volte “dallo stravagante al pirotecnico”: “si devono, invece, raccontare di più e meglio anche i territori e le loro bellezze e non limitarsi solo a quello che c’è dentro il bicchiere e/o la bottiglia. Perché il vino è il “medium” per raccontare i territori, la storia, la cultura, i modi di essere e di fare. Solo così è possibile “evangelizzare” al consumo moderato e consapevole, che è quello che deriva dal buon senso che si deve avere nel bere e nel mangiare, come in ogni altro aspetto della vita. Ma dobbiamo evangelizzare anche alla bellezza del vino, alla sua qualità, alle “sinestesie”, ovvero al piacere di bere del vino con un buon piatto in un luogo particolare, come facevano gli eruditi di un tempo. Insomma, non si può parlare di cibo e di cucina, come fosse sempre l’“ultima cena”, o di vino, come fosse sempre l’ultimo calice “divino””.
Riflettendo, infine, sul fatto se davvero il vino rischia di sparire dalla tavola in nome di un salutismo davvero troppo estremo, e se il consumo di questa bevanda che accompagna l’uomo da millenni sia a rischio, si possono citare anche altri grandi letterati del passato. Come detto, “è il buon senso che dovrebbe aiutarci a capire senza inutili spiegazioni, il significato della moderazione a tavola, come in ogni altro aspetto della vita. Il Bacci lo fa in quanto medico, ma possiamo citare anche il filosofo e medico Paracelso che diceva come “tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto”. O le parole di Sant’Agostino: “l’astinenza perfetta è più facile della perfetta moderazione””.
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