“Sono favorevole alla prosecuzione della ricerca sugli organismi geneticamente modificati anche in viticoltura: la ritengo alla base del progresso. Ma sono decisamente contrario e preoccupato per un eventuale utilizzo pratico fino a quando non saranno certe e garantite queste tre condizioni: la sperimentazione deve essere necessariamente molto lunga; devono essere garantiti reali vantaggi per la nostra viticoltura; devono portare un evidente miglioramento alla qualità delle nostre produzioni enologiche”. E’ questa la posizione di Gianni Zonin, a capo dell’azienda con maggiori investimenti viticoli nel nostro Paese (1.800 ettari di vigneto distribuiti in 7 regioni italiane, più una proprietà in Virginia negli Usa).
“Per il momento - spiega Gianni Zonin - sono molto perplesso riguardo ad un’utilizzazione pratica degli Ogm in viticoltura in quanto la ricerca scientifica non è ancora in grado di dare risposte sicure a questo riguardo. Non vorrei che si tornasse ai primi del ‘900 quando nel Nord Italia e in Francia furono introdotti i cosiddetti ibridi produttori diretti (incrocio di vite europea con vite americana), clinton e fragolino tanto per citare due esempi noti (garantivano produzioni elevate ma di pessima qualità e per fortuna sono stati vietati), che dovevano garantire immunità da determinate malattie della vite (fillossera, oidio, peronospora) e, al tempo stesso, assicurare un miglioramento qualitativo dei vini. In realtà, questo non è assolutamente avvenuto e si è arrecato un danno enorme alla vitivinicoltura europea. Una viticoltura che, è bene ricordarlo, soprattutto in Italia e in Francia aveva un patrimonio di vitigni di qualità assoluta”. “Oggi, infatti, qualsiasi scelta - continua Zonin - nel nostro settore deve essere dettata dalla consapevolezza che la qualità è il bene primario da conseguire e preservare a tutti i costi. Il nostro interlocutore oggi è il consumatore mondiale che richiede livelli qualitativi sempre maggiori. Fino a quando, quindi, non avremo garanzie assolute che gli vitigni Ogm possono fornirci livelli qualitativi superiori e, al tempo stesso, assicurare comunque l’identità dei nostri vini, io credo che vadano tenuti fuori dalla nostra vitivinicoltura”. “Per questa ragione - sottolinea Zonin - credo che oggi la parola d’ordine quando si parla di Ogm deve essere: prudenza assoluta”.
Un altro aspetto importante sottolineato da Gianni Zonin è la necessità di preservare, tutelare e valorizzare i nostri vitigni autoctoni che “rappresentano una vera e propria miniera d’oro della nostra vitivinicoltura”: “il gruppo Zonin nelle sue tenute sta investendo – conclude l’imprenditore veneto - in modo particolare nella riscoperta e valorizzazione dei vitigni locali come il Refosco in Friuli, il Nero d’Avola in Sicilia, il Negroamaro in Puglia, il Sangiovese in Toscana, tanto per citarne alcuni. Al momento non vedo proprio come vitigni Ogm possano migliorare un patrimonio italiano che ci viene invidiato in tutto il mondo”.
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