L’obiettivo è la valorizzazione e la promozione del vino italiano di qualità nel mondo: Gianni Zonin, a capo della più grande realtà vitivinicola del nostro Paese (11 tenute in 7 regioni d’Italia con oltre 1.800 ettari di vigneto) ha costituito due nuove società destinate ad occuparsi dell’import-export delle sue etichette. Zonin Usa e Zonin United Kingdom avranno infatti il compito di seguire i mercati americano ed inglese, negli ultimi anni sempre più interessati al vino italiano di matrice autoctona. Zonin, grazie ai suoi massicci investimenti nei vitigni autoctoni, è uno dei nomi di riferimento per Usa e Inghilterra: nelle tenute Zonin, che esportano in oltre 40 Paesi, è stata fatta negli ultimi anni una scelta precisa in favore dei vitigni tradizionali. Sono già a matrice autoctona 1.050 ettari di vigneto, il 58% dell’intera superficie aziendale: entro il 2010 saliranno al 68%. “Credo molto - spiega Gianni Zonin - nella potenzialità dei vitigni autoctoni per due fondamentali ragioni: la prima è che l’Italia, raggiunto il primato qualitativo, ha bisogno ora di una specializzazione della qualità; la seconda è che la riscoperta degli autoctoni si accompagna alla riaffermazione delle antiche tradizioni, anche gastronomiche, del nostro Paese. Dunque la valorizzazione dei vitigni autoctoni è la migliore risposta alla globalizzazione e alla sempre più penetrante concorrenza internazionale”.
La dimostrazione arriva dalle più recenti produzioni delle tenute Zonin: il Nero d’Avola Deliella della tenuta siciliana del Feudo Principi di Butera ha impressionato la critica per la sua potenza e la complessità del gusto; l’Insolia ha dato esiti entusiasmanti, la Barbera Bunèjs del Castello del Poggio ha impresso una nuova immagine a uno dei vitigni “principi” del Piemonte, incontrando ampio consenso da parte dei consumatori; Aglianico, Primitivo e Negroamaro sono i must della Masseria Conti Martini-Carissimo in Puglia. A fianco di queste nuove etichette delle tenute Zonin, c’è una consolidata tradizione di vinificazione di vitigni autoctoni che hanno segnato il progresso qualitativo delle produzioni di queste cantine e il loro crescente successo. A cominciare da Il Giangio, prodotto a Gambellara, che esalta la locale Garganega, per proseguire con il Refosco dal Peduncolo Rosso e il Tocai che vengono dalla Tenuta Ca’ Bolani in Friuli; ci sono poi dalla Toscana il Chianti Classico Le Ellere e la Riserva di Castello d’Albola, insieme alla Vernaccia di San Gimignano della Tenuta di Monte Oliveto e de Il Palagio; c’è la Bonarda de Il Bosco in Oltrepò Pavese, e il Grignolino e il Dolcetto del Castello del Poggio. Una linea di valorizzazione dei vitigni italiani che ha varcato anche l’oceano, tant’è che nella Tenuta di Barboursville in Virginia proprio il Nebbiolo è diventato un protagonista del più esclusivo mercato statunitense.
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