“Per affrontare e risolvere questa crisi occorre convocare con urgenza gli Stati Generali del vino, in cui produttori, politici e operatori di mercato si confrontino sulla strategia da adottare”. Gianni Zonin, il più grande produttore vitivinicolo italiano (1800 ettari di vigneto e 11 tenute distribuite in 7 regioni) è preoccupato, e propone una sorta di “Piano Marshall” per rilanciare il consumo e sostenere le imprese nel difficile momento congiunturale del settore.
Secondo Zonin sono quattro le leve su cui agire: l’abbattimento dell’Iva al 10%, un’iniziativa internazionale per costringere i Paesi emergenti ad adottare il nostro sistema di garanzia verso il consumatore ed il nostro codice normativo sulla produzione vitivinicola, un’azione di contenimento dei prezzi al consumo, che deve partire dai produttori ma che riguarda tutta la filiera del vino, ed infine una forte iniziativa promozionale per incrementare i consumi.
“Questa crisi - sostiene Zonin - ha molto poco di contingente. È vero, ce ne sono state altre in passato, ma ci sono tre fattori oggi che mi fanno dire che si tratta di una flessione più acuta e diversa: una sovrapproduzione a livello mondiale, una drastica caduta dei consumi interni ed una minore competitività della nostra produzione sui mercati esteri. Inoltre non è più possibile - continua Zonin - che le strategie promozionali del vino siano disperse in mille iniziative portate avanti da una miriade di soggetti, né che i produttori non abbiano una strategia comune di incentivo dei mercati”.
Cosa fare allora? Zonin insiste da tempo sulla proposta di abbattimento dell’Iva: “E’ una misura indispensabile. Si tratta dello strumento più immediato ed efficace che il governo ha a disposizione per sostenere il settore, perché questa manovra fiscale avrebbe un immediato effetto sui consumi finali”. Zonin pone poi l’accento sul fatto che l’Italia combatta sui mercati internazionali, ma anche su quello interno, ad armi impari con i suoi concorrenti, i quali non hanno né i costi ma soprattutto i vincoli che abbiamo noi: “I nostri competitors, e parlo soprattutto dei Paesi emergenti, ai quali vanno aggiunti in prospettiva almeno il Brasile e la Cina, oltre ai già consolidati Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Cile e Argentina, stanno producendo moltissimo vino con costi e vincoli legislativi di gran lunga inferiori ai nostri. Questo genera un surplus di offerta e di fatto una manovra di dumping da parte dei nostri concorrenti. Allora, o siamo capaci di imporre a tutti le stesse regole, perché ritengo che comunque il nostro sistema di garanzie debba essere salvaguardato, oppure si deve andare verso una deregulation generalizzata”.
Un altro problema è il calo del consumo di vino: “Il vino in Italia è arrivato al di sotto dei 50 litri procapite, e penso che si debba subito invertire la tendenza. E non si venga a dire che ci sono ragioni contrarie a questo allargamento della domanda perché altrimenti il settore vinicolo dovrà far sentire alta la sua voce di dissenso”.
Importante in questo senso è la promozione: “Oggi se versassimo un centesimo di euro per ogni litro di vino prodotto avremmo una massa d’urto in comunicazione da record. Ma per fare questo occorre una regia unica, che tenda a sollecitare la domanda di vino. Del resto, oggi si spendono in mille rivoli molti soldi, si paga caro il sistema di controlli effettuato dai consorzi, ma, come dimostra l’andamento di mercato, l’efficacia di questi andamenti è dubbia. Proprio perché credo che serva un allargamento della domanda, penso che i produttori devono consentire a quanti più consumatori possibile di riscoprire il piacere quotidiano del vino, ovviamente a prezzi ragionevoli. Non mi nascondo infatti che sul vino l’effetto-euro ha avuto un peso considerevole, e di questo dobbiamo tenere conto per formulare i listini. Noi della Zonin abbiamo bloccato i listini due anni fa e abbiamo sempre perseguito come filosofia quella di far bere bene un numero elevato di consumatori”.
“Del pari - conclude Gianni Zonin, che negli ultimi anni ha compiuto una scelta precisa verso i vitigni tradizionali (è a matrice autoctona oltre il 60% della superficie aziendale) - bisogna che noi produttori ci impegniamo a migliorare ancora di più la qualità dei nostri vini e la loro riconoscibilità, attraverso la massima valorizzazione dei vitigni autoctoni e del legame delle nostre bottiglie con il territorio. Senza un’azione così composta credo che questo difficile momento di mercato rischi di allungarsi fino a giungere alla soglia di allarme”.
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