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TRA I PRODUTTORI DI GRANDI VINI MONOVITIGNO ITALIANI SI PARLA DELLA RIFORMA DELLA 164/92, PER CONSENTIRE PICCOLE QUANTITÀ (5%) DI ALTRE UVE NEI DISCIPLINARI. IL MINISTRO ZAIA: “NON SI SCARICHINO SU ISTITUZIONI PROBLEMI DI CONCERTAZIONE DI TERRITORIO”

L’Italia enoica, è noto, è terra di grandi vini da monovitgno: dal Barolo al Barbaresco (ottenuti da sole uve Nebbiolo) piemontesi, dal Sagrantino di Montefalco, in Umbria, al Brunello di Montalcino (Sangiovese) in Toscana, solo per fare gli esempi più celebri.

Da più parti però si discute, da qualche tempo, su una modifica della legge 164/1992, per “aprire” nei disciplinari una piccola tolleranza dando la possibilità ai produttori di poter utilizzare, per questa tipologia di vini, una quantità sul 3-5% di altre uve.

Ma, dal momento che i disciplinari sono stabiliti dagli stessi produttori che fanno parte di una Denominazione, e non da istituzioni esterne, il Ministro per le Politiche Agricole Luca Zaia, sentito in merito da WineNews, risponde in maniera semplice e chiara: “so che il mondo del vino è spaccato esattamente a metà rispetto ad una linea fondamentalista di mantenimento della tradizione estrema, oppure rispetto ad una linea che è più avanguardista e progressista. Se ci sono delle istanze il Ministro le affronta, però, non si scarichino alle istituzioni i problemi dalla concertazione sul territorio”.

Una risposta che, tra le righe, fa capire anche che il Ministro stesso non è comunque molto favorevole ad un cambiamento.

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