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I VINI BIOLOGICI? UNA MODA PASSEGGERA. VINI PIU’ LEGGERI? OK, MA IL BAROLO HA PIU’ DI 14 GRADI DAGLI ANNI SETTANTA ... LA FORZA DELL’ITALIA? I VITIGNI AUTOCTONI. A WINENEWS ANTONIO GALLONI, TRA LE FIRME PIU’ PRESTIGIOSE DELLA CRITICA ENOLOGICA

Italia
Antonio Galloni con Alessandro Regoli e Peppino Palumbo

“I vini biologici? Sono una moda, ed io sono un po’ contrario alle mode, perché la cosa importante è che un vino sia ben fatto, mentre la coltivazione biologica o biodinamica corrisponde solo a tecniche usate in vigneto, quando in cantina non esistono regole in tal senso”. Parola di Antonio Galloni, una delle firme più autorevoli del panorama mondiale della critica enologica, intervistato da WineNews che, per il magazine Usa “Wine Advocate”, recensisce i vini di tutta Italia, oltre che di Champagne e Borgogna. “Il problema del biodinamico - continua Galloni - è che trattandosi di una moda, avrà un suo momento di successo, dopodiché la gente passerà a quella successiva. Per questo preferisco valutare solamente la qualità del vino nel bicchiere: un vino biodinamico, per definizione, non può essere meglio o peggio”. E neanche la gradazione alcolica può essere una discriminante, nonostante “la tendenza a fare vini più leggeri: il Barolo raggiunge i 14-14,5 gradi dagli anni Settanta, supportando benissimo l’alcol”, così come “non c’è nessun problema con i vini concentrati e supportati dal legno, a patto che siano ben fatti”. Ma, per affermarsi nel mondo, l’Italia enoica ha un’arma in più, “i vitigni autoctoni: il Cabernet ed il Merlot sono buoni, ma si possono fare dappertutto, mentre il Primitivo, l’Aglianico, il Sangiovese, il Nebbiolo sono un patrimonio unico che dà vini unici”. Un’arma che, per funzionare, ha bisogno di avere alle spalle territori coesi, perché i consumatori americani “sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo”, ma per affermarsi è importante che la qualità media espressa sia di alto livello, un obiettivo che si raggiunge con maggiore facilità se nel territorio ci sono “aziende leader, storiche, con una costanza di qualità, come Gaja in Piemonte, Antinori e Frescobaldi in Toscana, Planeta e Tasca d’Almerita in Sicilia, in grado di imporsi e fare da traino al resto dei produttori”. Proprio l’ostacolo che deve superare la Puglia (da cui ha parlato Antonio Galloni, intervenuto al “Puglia Wine & Land”), “una Regione emergente, ancora dietro a Sicilia e Campania, in cui manca un vero leader, anche se ci sono aziende con molti decenni di storia, come De Castris e Rivera, tanti buoni vini e vitigni unici”.

Detto dei punti di forza del sistema Paese, e delle necessità di una Puglia che ha tutta l’intenzione di farsi largo tra i “grandi” del vino, cosa serve al vignaiolo, invece, per avere successo? “La passio, fondamentale: senza passione non puoi dare il meglio di te stesso, ma la situazione ideale è avere il giusto mix di esperienza e passione. Però, mentre l’esperienza si può acquisire, la passione è una cosa o ce l’hai o non ce l’hai. E poi l’esperienza non va confusa con la saggezza, è solo una questione temporale, ed il tempo che passa non è sufficiente a farci prendere le decisioni migliori, a volte anzi può portarti ad avere una visione molto più chiusa delle cose, mentre con la passione spesso si va verso l’errore, ma è solo così che si impara e si cresce”. Anche se, l’unica garanzia reale può darla solo “il lavoro, cercando di avere il massimo da ogni vigneto anche se è ovvio come non tutti i terrori possano dar vita a grandi vini, però dove ci sono i terroir adatti è importante coltivare un’uva sana e fare il meglio possibile”.

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