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E se i politici fossero vino? Mattarella sarebbe un “bordolese senza infamia e senza lode”, Renzi un “Merlot, piacione e furbetto”, Grillo “un Sagrantino scorbutico”. Almeno secondo la firma de “Il Fatto Quotidiano”, Andrea Scanzi, a Winenews

Italia
Il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi

Vino e politica è un binomio su cui si potrebbero scrivere enciclopedie, tra diplomazia, patti di Governo e più di un vignaiolo tra chi siede sugli scranni parlamentari. Ma se i leader di oggi fossero un vino, che vino sarebbero? Winenews lo ha chiesto a chi, dei due argomenti, scrive da anni sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano” (www.ilfattoquotidiano.it), non risparmiando mai stilettate, è proprio il caso di dirlo, a destra e a manca: Andrea Scanzi.
Si inizia dall’alto, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “un vino neutro, un vino tranquillo, direi un bordolese senza infamia e senza lode”. Quindi il premier Matteo Renzi, che, per Scanzi, è “un Merlot, un vino piacione e furbetto che si adatta a tutto, anche un po’ paraculo”. Da Roma a Bruxelles, dove lavora Federica Mogherini, Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, che “già definirla vino è difficile, è una gazzosa, una spuma sciapa”. E il Ministro per le Riforme Costituzionali e per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi? “È uno Chardonnay, barriccato, rotondo, un po’ opulento, che al secondo bicchiere già non la bevi più”.
Oggi defilato dalla bagarre, ma capace di influenzare gli ultimi venti anni di politica nazionale, l’ex premier Silvio Berlusconi, per il giornalista del “Il Fatto Quotidiano”, “è uno di quei vini che dovevano invecchiare bene, un bel rosso, ma dopo un po’ ha perso la spinta propulsiva, quindi quando lo prendi in cantina sarà già un po’ ossidato”. Per un leader sulla via del tramonto, uno in ascesa, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini: “mi viene da associarlo immediatamente al Prosecco, un vino facile che tutti bevono perché ti convince immediatamente - spiega Scanzi - poi, però, una volta bevuto ti chiedi: in fondo, cosa mi ha detto questo vino?”. Il nuovo che avanza, però, ha la faccia di un comico, il leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo, “un vino ostico, spigoloso, con tanto tannino, un Sagrantino, ma di quelli parecchio scorbutici”. E poi Denis Verdini, un decano in Parlamento, su quale Scanzi non si risparmia: “voglio troppo bene al mondo del vino, nessuno merita di essere associato a Verdini”. Più tenero il giudizio sul Ministro dell’Interno e leader del Nuovo Centro Destra, Angelino Alfano, “uno di quei vini che ti dimentichi appena bevuto, come quei Muller Thurgau che ti danno al bar, aperti da giorni, e che ti togli subito dalla testa”. A destra, invece, la “pasionaria” di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, “è un vino sanguigno, bello forte, un Cabernet Franc irruento, con una forte nota erbacea, che però ti rimangono”.
Nell’ombra, ma non dimenticati, i protagonisti della precedente stagione politica, come Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo Economico del Governo Monti, “un altro di quelli che faccio fatica ad immaginare come vino, nel caso sarebbe un vino un po’ fighetto, un Franciacorta pretenzioso, che costa tanto ma ti lascia poco e niente”. Proprio come l’ex presidente del Consiglio, Mario Monti, “un Franciacorta un po’ scontato, di quelli che non vanno più di moda”. E Nichi Vendola, leader di Sel, ormai defilatosi dalla scena? “Vorrebbe essere un Lambrusco, uno di quei vini proletari che parlano al popolo, ma secondo me è uno di quei Negramaro che trovi al supermercato che costano poco, ma poi quando li bevi ti rendi conto che era giusto così”.
Chiosa per Luigi Di Maio, il volto del rinnovamento a Cinque Stelle, “un bel rosso destinato ad evolversi - secondo il giornalista Andrea Scanzi - che potrebbe essere un Pinot Nero, uno di quei vini dritti con una grande acidità che possono, tra 15 anni, essere strepitosi o deludere ed essere da buttar via tra due anni, dipende da lui”.

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