“Anche l’occhio vuole la sua parte”: il luogo comune è trito e ritrito, ma si presta bene per riassumere i risultati dello studio co-firmato da Alfredo Fontanini, Professore associato di Neurobiologia della State University di New York, e pubblicato sulla rivista di scienze della vita “eLife”: secondo lo studio la corteccia gustativa è infatti stimolata non solo dai due sensi “canonici”, ovvero gusto e olfatto, ma da tutti e cinque. In un certo senso, ogni volta che assaggiamo qualcosa per la prima volta il nostro cervello registra gli stimoli di tutti e cinque i sensi che riceve, e mano a mano “impara” a predire quel gusto sulla base di anche solo parte di quegli stimoli. Quindi la sensazione tattile di una tazzina da caffè, così come di un bicchiere di vetro, predicono il sapore che più frequentemente, nella nostra esperienza, è associato alla bevanda o al cibo in questione. Stesso discorso, anche se in misura minore, per l’udito e la vista: anche il rumore di una macchina del caffè, o la vista di un’etichetta a noi gradita, fanno sì che il nostro cervello predica, e si aspetti, un sapore ben preciso.
“Abbiamo registrato nel cervello l’attività dei neuroni dei ratti, e abbiamo visto che si attivano ben prima che un gusto venga assaporato direttamente”, il Professor Fontanini ha dichiarato a WineNews. “Abbiamo usato flash visivi, stimoli tattili della regione della bocca e suoni, e abbiamo visto che in animali non “allenati” a quegli stimoli, raggiungono la corteccia gustativa. E quando li appaiamo a una goccia di acqua zuccherata, imparano che questi stimoli sono anticipatori, e la loro corteccia gustativa si attiva prima e più vigorosamente”. Si tratta di un’intera area del cervello che è deputata a integrare le percezioni che circondano il consumo del cibo e delle bevande, e c’è anche nell’uomo, quindi “tutto ciò che determina un contesto e influenza le aspettative ha alla fine delle enormi ripercussioni nel modo in cui il nostro cervello elabora un sapore”. E anche sulla qualità percepita di quanto abbiamo mangiato o bevuto, perché “abbiamo fatto degli esperimenti in cui abbiamo imbrogliato i nostri ratti, e nelle analisi preliminari emerge che dopo che si è abituato a una goccia di acqua zuccherata, per poi ricevere un qualcosa dal sapore amaro, i neuroni della sua corteccia gustativa sono disorientati, non sanno se stanno consumando quello che si aspettavano o quello che in effetti stanno consumando. Poi però diventano realistici, e capiscono il sapore”. Il gusto per come lo intendiamo, alla fin fine, è quindi sinestetico, anche se non tutti i sensi hanno ovviamente la stessa rilevanza nella definizione di un sapore...
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