La Denominazione è di tutti. O meglio, di tutti i produttori che lavorano sul territorio, facciano parte o meno del relativo Consorzio di tutela. Che, secondo le leggi in vigore, possono però richiedere contributi a chi rivendica la Denominazione, compresi appunto i non soci, per finanziare le proprie attività, a condizione che gli associati siano almeno il 40% dei produttori e che producano almeno il 66% del vino certificato.
La legge, però, prevede anche che le voci di spesa di cui si chiede la contribuzione ai non soci debbano avere un bilancio separato, aspetto che, a quanto pare, è spesso disatteso, come denunciano diverse delegazioni Fivi - Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti: i Consorzi, a quanto pare, stanno inviando richieste di contribuzione ai non soci, senza specificare né dare visibilità a quali azioni intraprese questi contributi si riferiscano e, inoltre, a queste richieste non si accompagna il bilancio dedicato previsto dalla legge.
“Chiediamo al Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, di intervenire - spiega la presidente Fivi, Matilde Poggi - per richiamare i Consorzi alla necessità di adeguarsi al quadro normativo vigente, fornendo una chiara rendicontazione del loro operato suddivisa tra le azioni intraprese a favore dei soli soci e quelle intraprese a favore di tutti coloro che rivendicano la denominazione”.
Sempre sullo stesso tema, la Fivi ha di recente richiesto al Ministro Martina di rivedere il meccanismo di attribuzione dei voti nei Consorzi di Tutela, in modo da dare più spazio ai vignaioli, evitando il dominio delle cooperative di primo e secondo grado nei consorzi più importanti.
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