“Rispondo molto volentieri alle critiche giuste, e me ne fanno tantissime, ma alle stupidaggini direi di lasciar perdere. È follia. Se ci mettiamo a rispondere alle cretinate, sai il tempo che perdiamo...”. Parole di Oscar Farinetti, che, a WineNews, risponde ad una sorta di piccolo “interrogatorio”, che pubblichiamo ad una settimana esatta dall’apertura di Fico - Eataly World a Bologna. Che è avvenuta con il Governo dentro, e le proteste di Cobas e studenti fuori, e con un’accoglienza per lo più positiva, per questa nuova grande scommessa, ma non esente da dubbi e perplessità, come hanno sottolineato alcune voci, anche della stampa internazionale (come l’autorevole quotidiano Uk “The Guardian”, che in un articolo firmato da Sophia Seymour, dal titolo “Eataly World opens but leaves a bad taste in Bologna”, Eataly World apre ma lascia un cattivo sapore a Bologna”, si domanda se il parco non sia un “tradimento della gastronomia italiana” (https://goo.gl/cqjiUr), sui cui abbiamo voluto porre l’accento.
Eppure, Fico, per i suoi ideatori e per la stragrande maggioranza non solo delle aziende e dei produttori che sono presenti negli spazzi dell’ex Caab di Bologna, ma anche degli appassionati e degli osservatori, sembra rappresentare una grande opportunità. E offrire un’opportunità, per Farinetti, “vuol dire sentirsi parte di un mondo reale, civile, e pensare che ognuno di noi con le proprie azioni può dare una mano alla comunità, e quindi sbattersi per gli altri. Vuol dire rendersi conto della fortuna che abbiamo avuto a nascere in Italia, il più bel Paese del mondo, e quindi darsi da fare: Fico può essere un’opportunità per aumentare il numero dei turisti stranieri in Italia, ma anche per far capire agli italiani che bisogna darsi da fare”. Eppure, Fico si è inaugurato con il Governo dentro (dal Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ai Ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina, del Lavoro Giuliano Poletti, dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini e dell’Ambiente Gianluca Galletti, ndr), e una rappresentanza di Cobas e studenti per protestare contro l’alternanza scuola lavoro così come è concepita, che sarà utilizzata, in parte, anche in Fico.
Un po’ uno specchio dell’Italia, sembrerebbe. “L’inaugurazione di Fico, più che lo specchio dell’Italia rappresenta lo specchio del mondo. Qualcuno che protesta c’è sempre - dice Farinetti - e di solito lo fa dove ci sono i governanti, è lo specchio di una crisi mondiale, ma da che mondo è mondo è così. C’è chi governa, chi protesta, chi va meglio e chi va peggio. Si vive meglio nei momenti in cui c’è una migliore distribuzione di ricchezza, si vive male nel momento in cui si accentua, come in questi anni, la discriminazione a favore della concentrazione della ricchezza”.
E a chi però paragona, Eataly World ad Autogrill e Mc Donald’s, sul fronte in particolare proprio dell’alternanza scuola lavoro, e a chi definisce Fico una nuova cattedrale del consumismo più sfrenato, Farinetti dice: “rispondo molto volentieri alle critiche giuste, e me ne fanno tantissimo, ma alle stupidaggini direi di lasciar perdere. È follia. Se ci mettiamo a rispondere alle cretinate, sai il tempo che perdiamo!”.
Eppure, anche dal punto di vista dell’obiettivo formativo di Fico Eataly World, che con i suoi piccoli frutteti, orti, uliveti, vigneti e campi, e con le sue “Fabbriche Contadine” vuole essere anche un’esperienza didattica e narrativa del cibo italiano, qualche dubbio lo pone, perchè viene da chiedersi se sia corretto narrare la diversità del Belpaese in una sorta di grande supermercato, piuttosto che nei territori.
“Ma non è così - ribatte Farinetti - i parchi di Fico servono proprio a mandare la gente nei territori. Abbiamo bisogno di mandare le persone nella provincia, e Fico serve a questo, a far capire che la provincia italiana è meravigliosa. Altrimenti non avremmo fatto i musei, avremmo esposto Canaletto solo a Venezia, Michelangelo solo a Firenze e Leonardo solo a Milano, o non avremmo fatto le scuole. Fico non è tutta la sfera del cibo del mondo, ma è un modo per far venir voglia di andare nei territori”.
Certo è che resta difficile immaginare di raccontare l’agricoltura e l’allevamento da un quartiere prettamente commerciale, circondato dal cemento, e con un inceneritore a poche centinaia di metri.
“L’inceneritore è un’altra di quella stupidaggini a cui non rispondere - dice piccato Farinetti - chi ha alzato il polverone sono gli stessi medici che dicono di non vaccinarsi, smettiamolo di rispondere a questa gente. Lì ci sono decine di migliaia di studenti da vent’anni, migliaia di famiglie. A Montecarlo l’inceneritore è in pieno centro: basta che non faccia danni. Invece, al contrario, nella zona dove sorge Fico abbiamo tolto cemento per mettere terra, accanto alla Facoltà di Agraria, per far vedere soprattutto ai bambini com’è fatta l’uva, la differenza tra grano tenero e grano duro, perché non hanno tutti la possibilità di andare nei campi veri a vederlo, ma è un luogo vero, non è un luogo finto”.
L’obiettivo dichiarato di Fico, in ogni caso, è di calamitare 6 milioni di turisti all’anno, che diventino poi anche ambasciatori del made in Italy nel mondo. Numeri importanti, basati su una previsione più generale di grande crescita dell’agroalimentare italiano. Una crescita di produzione, e auspicano molti anche di prezzi, che ha spinto il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, a chiedere a tutti di tornare a ragionare sul “governo del limite”.
“E ha ragione Petrini - commenta Farinetti - la gestione del limite è fondamentale. Ti faccio un esempio: dal Nebbiolo al Barolo, 13 milioni di bottiglie, non riusciamo a farne di più, e va bene così. In certi campi, invece, il limite da raggiungere è molto più avanti: in Italia abbiamo 14 milioni di ettari coltivati, erano 19 negli anni Ottanta, quindi abbiamo 5 milioni di ettari da ricoltivare secondo me, con un limite che possiamo porre a 20 milioni di ettari coltivabili, con tanti posti di lavoro da poter creare. Poi dobbiamo fare meno agricoltura generica e più agricoltura specializzata, perché l’Italia è condannata a fare questo, inutile coltivare grani comuni che ci sono in tutto il mondo, dobbiamo prediligere l’agricoltura delle nostre antiche cultivar, meglio se in regime biologico, e venderle al mondo come eccellenze”.
Su Fico, un’altra cosa che ha fatto discutere, è stato il paragone con Disneyland, positivo secondo Farinetti, e lo ha anche definito un “Louvre del cibo italiano”. Forse un’esagerazione, che potrebbe non piacere ne agli americani ne ai francesi.
“Ma no, è venuto l’ad della The Walt Disney Company Italy, Daniel Frigo, ed è rimasto molto contento, anzi ha detto che questa volta comincia a copiare lui da noi. I francesi hanno Euro Disney, noi abbiamo pensato a fare Fico, una roba nostra. Negli Stati Uniti la cosa più vecchia che c’è è Fort Alamo, che risale al 1836, hanno dovuto sempre inventarsi qualcosa di nuovo, sono bravi in questo. Noi che abbiamo le cose vecchie, vere, non facciamo gli snob, raccontiamole, perché non l’abbiamo mai fatto ed è per questo che abbiamo dei problemi, dobbiamo iniziare a raccontarci”.
Fatto sta che, nonostante il suo inguaribile ottimismo, Farinetti questa volta più che mai ha spaccato le opinioni di molti.
“Non credo di essere una persona così divisiva - glissa Farinetti - tutte le cose di cui abbiamo parlato sono critiche fatte dall’1-2% delle persone, anche se si tratta di gente che passa molto tempo online, poi c’è tanta altra gente che critica meno ma aiuta, facendo anche delle critiche oggettive che ci spingono a migliorare. Non spacco nessuna opinione, e non sono né ottimista né pessimista, sono sentimenti che riguardano il futuro, vivere pensando che le cose non si possano risolvere è una stupidaggine, sarebbe una vita di merda, conviene essere ottimisti per egoismo, per vivere meglio”.
La certezza, è che su e a Fico ne vedremo delle belle. Che per Farinetti sono sintetizzate soprattutto dal fatto che “tanti piccoli produttori che potrebbero vedere raddoppiate le proprie vendite, così come successo a tanti sbarcati ad Eataly. Qualche giorno fa sono stato a trovare un produttore di olio a Ragusa, Cutrera, che quando ha iniziato con noi faceva 800.000 euro di fatturato e adesso è arrivato a 7 milioni, ma a Eataly ne vende 600.000, il resto lo manda in giro per il mondo. Questo è il bello, Eataly è servito moltissimo, ed Eataly World si pone l’obiettivo di raccontare il cibo partendo dall’inizio, e non dalla fine.
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