“Vivere è pericoloso, si può anche morire”. È la massima, una delle centinaia stillate nella sua vita da Gualtiero Marchesi, con cui Sara Vitali, al suo fianco dal 1993 come consulente per la comunicazione, ha voluto ricordare a WineNews il grande chef, scomparso ieri (i funerali il 29 dicembre nella Chiesa Santa Maria del Suffragio, a Milano, la famiglia chiede non fiori ma sostegno alla Fondazione Gualtiero Marchesi, mentre per un ultimo saluto, domani e dopodomani il Comune di Milano ha messo a disposizione il Teatro Dal Verme, ndr), con cui ha condiviso non solo la storia professionale, ma anche e soprattutto quella umana. “Gualtiero Marchesi deve la sua fortuna alla sua curiosità, è stata la sua cifra, la sua forza, il suo motore. Di fronte ad ogni cosa nuova, la sua risposta era sempre: perché no? Non era mai no, aveva sempre bisogno di nuovi stimoli. Certo, sapeva di essere bravo ed anche di risultare altezzoso, ma alla fine si era accettato così, per com’era”, ricorda Sara Vitali.
Curiosità che è sempre andata di pari passo con un certo coraggio, come quando, nel 2008, restituì le stelle alla Michelin. “Non abbiamo mai fatto strategie, e negli ultimi anni Gualtiero non si è mai sottratto ad un’intervista, ma certo in quel periodo si respirava una sorta di imbarazzo generale, in tanti, compresi i giornalisti, presero a snobbare il suo ristorante, e li vedevamo andare, proprio di fronte, da Andrea Berton. Fu in quel momento che aprimmo il profilo Facebook, e ci mise pochissimo a capirne le potenzialità: non era passata neanche un’ora che uscì, attraversò la strada e andò a fare i complimenti a Berton davanti a tutti”.
Tornando all’episodio più controverso, ossia quello della restituzione delle stelle, che in realtà aveva a che fare più in generale con il concetto stesso dei punteggi, “lui ha capito ad un certo punto che, di fronte alla gogna autunnale delle guide, era l’unico a poter prendere posizione, assumendosi quel ruolo con tutti i rischi del caso, anche di tipo economico. La sua idea era sempre la stessa: se sei il maestro devi dare l’esempio, anche nelle scelte difficili. Amava ripeterlo spesso, ed in effetti essere maestro per lui era una qualità innata. Come ha ricordato Davide Oldani - continua Sara Vitali - Marchesi ha reso liberi i propri allievi, non ha mai voluto creare dei cuochi che facessero la sua cucina, ha voluto dare loro gli strumenti, e questo è il suo grande lascito”.
Un altro grande lascito, in effetti, ufficializzato, beffardamente, giusto oggi, come racconta ancora Sara Vitali, è “la permanenza del suo ristorante in Piazza della Scala per altri dieci anni, in quello che per lui ha rappresentato il coronamento di un sogno, ma con un locale totalmente rinnovato, perché avrebbe voluti un luogo più vivace, ma i suoi piatti resteranno gli stessi, anche grazie al fatto che la sua cucina è codificata in maniera molto precisa”.
Tra gli allievi a cui Gualtiero Marchesi è stato più legato, Davide Oldani, chef stellato con il D’O di Cornaredo, che a WineNews ne ricorda la figura e l’importanza, per un’intera generazione di allievi come lui. “È stato importante perché ha traghettato la vecchia cucina italiana nella contemporaneità, alleggerendola e dandole quel tocco di signorilità, classe ed intelligenza che mancava. Sicuramente, chi più chi meno, ogni cuoco italiano lo porterà nel cuore, è grazie a lui se oggi lavoriamo a questi livelli”. Un maestro non solo tra i fornelli, ma anche di vita, ricorda ancora Oldani. “Ha dato l’input a tutti noi per diventare prima di tutto uomini, che credo sia il punto fondamentale nella vita, e poi abbiamo capito che dietro ai suoi insegnamenti, al suo rigore, c’era una parte di cucina che ci ha permesso di interpretare alcuni piatti della cucina italiana in maniera diversa. Ciò che mi ha dato, nei tanti anni in cui l’ho frequentato, è stato principalmente il farmi diventare un uomo: per fare una ricetta ci vuole poco, capire la vita è un po’ più complicato”.
Ad aver lavorato spesso, in questo ultimo difficile anno, con Gualtiero Marchesi, è stato il “Gastronauta” Davide Paolini, “ma non parlavamo di cucina o di piatti, preferiva raccontarmi i progetti che aveva fuori dalla cucina - racconta a WineNews - come il sogno di una casa di riposo per i cuochi con la sua fondazione. Ne parlavamo spesso, così come di tante altre cose molto semplici. Negli ultimi anni, per me, Gualtiero non era più il cuoco, ma l’amico con cui pranzare insieme e parlare di ciò che succede nel mondo. È così che mi piace ricordarlo, mi sembra banale fare i peana sulla sua bravura o sul suo apporto alla cucina italiana, forse bisognava farli prima, perché secondo me non gli sono stati riconosciuti i giusti meriti in vita, ed ora mi lascia un po’ triste e perplesso leggere di quanto sia stato grande: bisognava dirglielo prima. Non dimentichiamo - continua Paolini - che è stato molto attaccato e criticato negli anni. Proprio per questo, mi piace parlare del Marchesi uomo più che del cuoco, della sua sensibilità, a partire proprio dalla pensione per anziani. Ripeto, bisognava stargli vicini quando restituì le stelle alla Michelin, ricordandoci il percorso che ha fatto: la nouvelle cuisine non è stata altro che un passaggio, seppur importante e a cui si è spesso ispirato, ma lui è stato un innovatore, e lo chef più contemporaneo che l’Italia abbia mai avuto”.
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