Le esportazioni di vino italiano, nei prossimi anni, continueranno a crescere in Usa e Canada, mentre tra i mercati emergenti, la Cina dovrebbe segnare una svolta positiva e sensibile, così come la Russia, al netto di “imprevisti geopolitici”. E se diverse opportunità arrivano anche dal Giappone, che dal 2019 vedrà entrare in vigore l’accordo di libero scambio con l’Ue, è probabile che le nostre spedizioni di vino segnino il passo in Germania, dove i consumi complessivi non aumentano, e si stanno spostando sempre più verso le produzioni locali, ed in Uk, dove si potrebbero sentire soprattutto gli effetti della Brexit e della svalutazione della sterlina. E, nel complesso, continuerà il trend spumanti, che toccherà anche i mercati emergenti (in particolare Est Europa ed Asia), ancora marginalmente coinvolti in questo boom. Sono alcune delle prospettive tratteggiate da Nomisma-Wine Monitor nell’assemblea di Federvini, oggi a Roma.
E proprio dalle bollicine, nella prima parte del 2018, arrivano i segnali di maggior vitalità: nei primi tre mesi dell’anno le esportazioni di sparkling italiani hanno segnato il +11% in Usa, il +14% in Uk, il +44,8% in Cina, il +25,3% in Giappone, il +10,6% in Svizzera, il +28,1% in Russia ed il +1,7% in Germania. Unico Paese a segnare il passo, per la spumantistica del Belpaese, è il Canada, a -6,7%.
I vini fermi imbottigliati, invece, continuano a segnare il passo un po’ ovunque: -2,3% in Usa, -13,1% nel Regno Unito, -2% in Germania, -4,4% in Svizzera, -13,1% in Russia. E se in Canada c’è una piccola crescita (+1,9%), è dall’Asia che arrivano le notizie più positive, come il +41% in Cina ed il +13,6% in Giappone.
Un quadro in chiaro scuro, dunque, che racconta una complessità in crescita nei mercati mondiali, dove i produttori del Belpaese dovranno fare i conti anche con altri trend, ormai sempre più consolidati: da una lato la crescente richiesta di vini biologici e “sostenibili”, che in Italia sono ancora una nicchia (meno dell’1% delle vendite totali, sottolinea Nomisma), ma sono ormai conosciuti e acquistati dal 25% dei consumatori, dall’altro una sempre più evidente spinta verso la premiumization dei consumi di vino, soprattutto nel Nord America ed in Europa.
“Nella crescita delle esportazioni di inizio 2018 è ancora il Prosecco ancora a farla da padrone - spiega a WineNews Denis Pantini di Nomisma-Wine Monitor - mentre sui vini fermi Regno Unito e Stati Uniti stanno segnando un po’ il passo, a differenza della Cina, dove cresciamo di oltre il 40% nel primo trimestre, pur partendo da numeri più bassi. Anche in Italia la crescita maggiore è nel segmento spumanti, sia in Gdo che in Horeca, grazie soprattutto ai Millennials che apprezzano molto questa tipologia, ed è l’unica vera tendenza di crescita nel Belpaese”.
Insomma, la crescita complessiva c’è, per il vino italiano, anche se appare evidente che si procede a ritmi inferiori rispetto al passato. “E di questo passo, gli obiettivi di 50 miliardi di euro di export agroalimentare e 7,5 miliardi di euro di vino saranno centrati non nel 2020, come ci si era prefissi, ma con uno o due anni di ritardo”.
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